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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
 

 Attualità - Ottobre 2007

 

Dal Festival della Creatività... (di Nicoletta Bartolini)

Chiudete gli occhi e provate a pensare a ciò che vi aspettereste da un evento di questo genere, a tutto quanto può rientrare nella sfera della “creatività”, a quello che vorreste vedere o  sentire in un contesto simile ... Bene! Non so fin dove si spinga la vostra fantasia, ma nella Fortezza da Basso, a Firenze, nel corso del Festival della Creatività, io ho visto molto di più di quanto potessi immaginare!
In una struttura rivelatasi ideale per ospitare un simile evento  - che ha registrato un massiccio afflusso di persone di ogni età, dai ragazzi delle scuole in gita, agli esperti dei vari settori, alle famiglie con bambini al seguito - e che ha saputo garantire, grazie a una organizzazione efficiente, il tranquillo svolgimento di tutta la manifestazione, è esplosa una smisurata, variegata, incredibile quantità di idee, innovazioni, pura energia creativa.

Sarebbe impossibile per me, e forse noioso per chi legge, elencare i partecipanti alla manifestazione, così come è stato sinceramente impossibile seguire tutti gli eventi (spesso purtroppo in contemporanea) e visitare la totalità degli espositori presenti, anche perché la mia presenza lì era principalmente indirizzata verso gli eventi riguardanti Second Life (vedi articolo relativo, nella apposita sezione), che hanno assorbito molto del tempo a mia disposizione.
Così, ecco alcune impressioni, qualche “fotografia”.
Da segnalare, la interessante presenza dell’Università di Firenze, con numerosi dei suoi Dipartimenti Scientifici, Tecnologici e anche Umanistici. Un esempio su tutti, il Dipartimento degli Studi di Astronomia e Scienza dello Spazio, dove gentilmente venivano spiegate le modalità con cui si è ottenuta un’immagine tridimensionale del sole (visibile con gli appositi occhiali) e i principi che permettono a due palline di girare vorticosamente su se stesse restando a mezz’aria.


Ragazzi e non, tutti affascinati ad ascoltare.  Un modo intelligente di avvicinare la scienza alle persone!

Così come allo stand del Dipartimento di Chimica, dove ho imparato l’origine dei colori del fuochi d’artificio (ebbene sì, lo ammetto, non ci avevo mai pensato..). Con una semplice dimostrazione, veniva spiegato che alcuni minerali a contatto con il fuoco, provocano un cambiamento nel colore della fiamma, che può diventare rossa, blu, bianca...


E così, aggiungendo i diversi minerali alla polvere esplosiva... ecco i giochi pirotecnici! Ragazzi incantati, anche qui. E ovunque direi, in tutti gli stands dei vari Dipartimenti.
Poi, pochi passi più in là, oltre tutto l’infinito mondo dei computer, del digitale, della programmazione e dell’informatica in genere, della robotica addirittura, ecco sbrigliarsi altro tipo di fantasia e accanto ai tessuti tecnici più innovativi, ai gioielli che sfruttano il principio dei chakra per favorire il benessere, alla vasca “sonica”, che permette di fare un bel bagno rilassante godendo anche dei benefici delle onde sonore che promana, ecco altre sorprese...
Come l’uomo che ha inventato un attrezzo di legno per raccogliere le castagne senza chinarsi

 

ma che coltiva un sogno ardito. Guardate nella foto alla sua destra, quell’asta di legno con la bandierina rossa sopra: rappresenta una fonte di energia pulita alternativa, per sfruttare la forza del mare e raccogliere la sua energia. Per illustrare la sua teoria, ha usato due contenitori per la ricotta, uniti da un disco di compensato. All’interno un congegno elettrico e sopra delle lucette. Muovendo manualmente in su e in giù la “boa”, le lucette si accendono. Questo a dimostrazione che lo stesso impianto (già brevettato), pensato nelle opportune dimensioni e varianti, potrebbe catturare una enorme quantità di energia pulita.
E mentre lui parla e racconta il suo sogno, si infervora, simula con le braccia il movimento delle onde, guarda oltre e si scusa: “parlo troppo forse, io sogno...”, ma tutti noi lì intorno sorridiamo. E sogniamo con lui.
E a proposito di sogni... cosa dire di questo letto?

Tutto in legno massello, studiato in altezza per sfruttare al massimo lo spazio!

E dell’ovetto ecologico? Per la raccolta differenziata? Che si può avere in vari colori, a seconda di quelli che ciascun comune d’Italia utilizza per i vari materiali? (già, perché pare sia difficilissimo persino mettersi d’accorso su un unico colore per i  diversi tipi di spazzatura).

 

Poi, fortunatamente, ampio spazio alla creatività dei bambini:

Con attenzione a tutte le attività, dal teatro, alla ceramica, la lavorazione del legno, gli scacchi, il disegno...


E le automobili? Una ditta propone la conversione elettrica delle vecchie auto:

E qualcun altro invece... un “modesto” veicolo a idrogeno...

Ma... in mezzo a tutta questa creatività, la scrittura?
Personalmente, ho visto soltanto la Scuola Internazionale di Comics, ma potrebbe essermi sfuggito qualcosa. In compenso, grande serata con Dario Fo, che durante l’affollatissimo evento ha parlato della sua ultima fatica letteraria, presentando il libro “Gesù e le donne”,


 

in cui il Premio Nobel illustra il risultato dei suoi studi su numerosi vangeli apocrifi, da cui risulterebbe una rivalutazione della figura femminile, che Gesù amava e che la Chiesa in qualche modo tende a lasciare in secondo piano (ma il libro non l’ho ancora letto... sob! – n.d.r.). Un grande letterato e un acuto osservatore del mondo: insomma, il Dario Fo di sempre, impareggiabile incantatore del suo pubblico.
Non sono poi mancate, ovviamente, le personalità politiche e della cultura, dibattiti, incontri, convegni... davvero troppo per una penna sola, ve lo garantisco.
E per quanto riguarda Second Life? Beh... di questo si parla nella sezione riservata (poco più giù...). Per ora, concludendo questa breve carrellata di impressioni e fotografie, vi lascio con l’immagine di un personaggio unico, un “divo”, uno dei miei preferiti (non oso dire “il” preferito):

Come chi è? Non lo avete riconosciuto? Ma... è LUI! Lo ritroveremo all’inizio dell’articolo su Second Life!
Il Festival si è concluso: un successo, di pubblico, di organizzazione, di entusiasmo, di voglia di esserci e continuare!

 

 

 

“Mal di pietre” – Premio Elsa Morante 2007 – narrativa (di Nicoletta Bartolini)

“... sempre si chiedeva come è strano l’amore, che se non vuole arrivare non arriva con il letto e neppure con la gentilezza e le buone azioni ed era strano che proprio quella, che era la cosa più importante, non ci fosse verso di farla venire in nessun modo”.

Lo confesso, al Premio Elsa Morante sono andata principalmente per lei, per Milena Agus e per il suo libro, già quarto classificato al Premio Strega e secondo al Premio Campiello.
Un piccolo libro, 119 pagine, denso di emozioni e di vita, narrato con voce autentica, sempre in bilico tra realtà e fantasia.
E’ la storia di una donna alla ricerca dell’Amore, ambientata negli anni del dopoguerra, che non vuole accettare un marito che non ha scelto e non vuole arrendersi a una vita che non è quella che avrebbe voluto.
Non riesce nemmeno ad avere bambini per via del “mal di pietre”, i calcoli renali, che le procurano dolori e forti emorragie.
“Non aveva voglia di mangiare, né di curarsi,  perché se lo sentiva che tanto lei non sarebbe guarita e bambini non ne avrebbe avuti mai. I figli li avevano le donne normali, allegre e senza brutti pensieri, come le vicine della via Sulis. I bambini, appena si rendevano conto di essere nella pancia di una matta, scappavano via, come avevano fatto tutti quei fidanzati”.
Fidanzati immaginari, in attesa dei quali – prima del matrimonio - correva a tagliarsi i capelli, a farsi del male, a buttarsi nel pozzo.
Poi un giorno decide di andare in Continente, alle terme, per curarsi e lì ... racconta di averlo finalmente incontrato, l’Amore. Nelle vesti del Reduce. Lo racconta alla nipote, l’io narrante della storia, e noi lo vediamo, quest’uomo, affascinante nonostante la sua menomazione, elegante nonostante le circostanze... lo vediamo con occhi finalmente innamorati e felici. 
E ascoltiamo attraverso la voce della nipote il racconto della nonna, di quello che è successo tra lei e il Reduce, il timore dell’Inferno...:
“E poi quale Inferno, se anche da vecchia, quando ci ripensava, sorrideva a quell’immagine di lei e del Reduce e di quel bacio. E se era triste si rallegrava di quella fotografia che le si era fissata nella mente”.
Perché infatti di una “fotografia” si è trattato. Le cure finiscono, lei torna, guarita, a casa, dal marito.
In un rapporto fatto di silenzi, ma anche di tanto sesso, con svariate prestazioni – le stesse di cui lui avrebbe usufruito alle Case Chiuse, ma che lei si offre di fornirgli, per mettere via il corrispettivo in denaro - unico momento di vero dialogo tra i due, che continuano comunque a dormire sulle sponde opposte del letto.
In un rapporto fatto anche di “accudimento” da parte del marito, che comunque è lì, presente, la cura, la asseconda... eppure...
“Le dispiaceva tantissimo e le faceva pena e si chiedeva perché Dio, nell’amore, che è la cosa principale, organizzi le cose in modo così assurdo, che fai tutte le gentilezze possibili e immaginabili e non c’è verso di farlo venire e magari fai la stronza, come lei stava facendo lei adesso, che non gli aveva prestato nemmeno la sciarpa, e invece lui la seguiva, nella neve, mezzo assiderato,  perdendo perfino l’occasione, buona forchetta com’era, di mangiare i ravioli di patate di quelle parti e il porchetto allo spiedo.... E nonno faceva spavento per quanto era freddo e sembrava un morto assiderato”.
Il pensiero del Reduce non l’ha  mai abbandonata, né la speranza di poterlo un giorno incontrare di nuovo.
“Tutti erano convinti che un uomo di cinquant’anni non guarderebbe mai una coetanea, però questi erano ragionamenti validi per le cose del mondo. L’amore no. L’amore non bada né all’età né a nient’altro che non sia l’amore. E il Reduce era proprio di quell’amore che l’aveva amata. Chissà se l’avrebbe riconosciuta subito. Che faccia avrebbe fatto. Non si sarebbero abbracciati alla presenza di nonno, di papà, o della moglie o della figlia del Reduce. Si sarebbero stretti la mano e guardati, guardati, guardati. Da morire. Invece se lei avesse cercato di uscire da sola e da solo lo avesse incontrato, allora sì. E si sarebbero baciati e stretti per recuperare tutti quegli anni. E se lui glielo avesse chiesto, lei non sarebbe tornata a casa mai più. Perché l’amore è più importante di tutte le altre cose”.
Questo libro si legge d’un fiato, emoziona e sorprende fino all’ultima pagina. Riesce a parlare d’amore e di fame d’amore senza mai essere banale, anche grazie alla particolarità del linguaggio, capace di mostrarci sesso, povertà, follia, quotidianità, insieme al dramma sociale dell’emigrazione, con parole semplici, con descrizioni rapide e vivissime, con l’inserimento di espressioni del dialetto sardo che, lungi dall’appesantire, aggiungono invece fascino  a una scrittura che profuma di tradizioni antiche e sa richiamare dolori senza tempo. Con la segreta speranza – o l’augurio - di poterle buttarle via, prima o poi, quelle pietre che ci portiamo dentro e troppo spesso ci fanno sanguinare...
E’ in fondo una piccola storia di vita normale e forse proprio per questo riesce a toccare corde così profonde e sensibili.
Ed eccola, l’Autrice, nel momento della consegna del premio da parte di Maria Morante, l’ultima sorella vivente di Elsa.

I premi letterari, si sa, sono uno sfolgorìo di personalità della cultura, della politica, della mondanità. E in questo, il Premio Elsa Morante, non è stato da meno.
Ma quando sul palco è apparsa lei, Milena Agus, con la sua aria semplice, sorridente, un abito che sembrava davvero di altri tempi, minuta, emozionata, beh... a me è sembrato che l’aria fosse cambiata. Un’ondata della stessa autentica emozione ha investito  il teatro.
La scrittrice ha ritirato il premio e lo ha tenuto tra le mani – coccolato quasi - come qualcosa di veramente prezioso. E di sicuramente meritato.
“Mal di pietre” (del 2006) non è il primo libro di Milena Agus: ha già pubblicato nel 2005 “Mentre dorme il pescecane” e nel 2007  “Perché scrivere”, un testo in cui spiega cos’è per lei la scrittura.
- Scrivere era un sogno di quando, bambina, soffriva di "impaccio motorio", cioè non sapeva fare niente di quel che facevano gli altri, e sperava di "rifarsi" con la scrittura. Scrive di nascosto, come se si vergognasse, cose vere e cose inventate, così mescolate che neppure lei le distingue più, e sta come un equilibrista sul filo sottile della finzione. Scrivere è la tana che si porta dietro. "Scrivo come mangio: mi abbuffo e poi mi pento che nel piatto non sia rimasto nulla". - (fonte webster.it)
Voglio concludere con un pensiero della narratrice, la giovane nipote che sta per sposarsi e dice che fare l’amore con il suo ragazzo in un letto di via Manno, nella casa della nonna, in quel posto magico con il rumore del porto e i versi dei gabbiani, sarà presagio di amore eterno:
“Perché in fondo, forse, nell’amore, alla fine bisogna affidarsi alla magia, perché non è che riesci a vedere una regola, qualcosa da seguire per far andare le cose bene, per esempio dei Comandamenti”.

 

 

Sputnik-1 Day (di Asinov)

 

Si è svolta a Roma una piccola mostra-evento per il 50° anniversario del primo satellite artificiale, alla presenza di numerose personalità politiche, scientifiche ed estetiche tra i quali spiccano l’astronauta Umberto Guidoni e Yana Serzhantova, bellissima 18enne di origini russo-ucraine. L’organizzazione a carico del gruppo di appassionati di scienze astronautiche “Associazione Sputnik-1 Day 1957-2007”.
Per molti non era altro che una palla lucidata a specchio con quattro lunghe antenne che faceva bip-bip. Per gli americani era una specie di bomba atomica che girava sulle loro teste e che prima o poi sarebbe precipitata su di loro. Per alcuni era una nuova Luna artificiale che avrebbe scalzato dal mondo della poesia il nostro satellite naturale, quella grande palla bianca alta in cielo.
Per la Storia, il 4 ottobre 1957, la bellezza di 50 anni fa, i russi con il loro progettista capo Korolev,  per primi, impiegando un razzo vettore R-7, ideato proprio per colpire con una atomica paesi lontani, riuscirono nell’intento di essere i primi a mettere in orbita un manufatto simbolo del progresso. E con questo i russi scattarono in avanti nella corsa alla Luna, lasciando gli americani al palo per ancora qualche tempo.
E’ strano quanto poco sia stato presente lo Sputnik (che si traduce “compagno di viaggio”) nell’immaginario poetico o narrativo mondiale. Pur trattandosi di quell’enorme sforzo che ha fatto sì che l’uomo staccasse i piedi con forza dal suolo terrestre, primo passo di quella camminata che lo porterà al “grande balzo per l’umanità” per dirla con Neil Armstrong.
Nelle librerie sono ancora presenti quel libro di Murakami “la ragazza dello Sputnik” o “cielo d’ottobre” di Homer Hickman, in cui il protagonista prende spunto dalla paura nel vedere quella lucina tremolante in cielo per diventare un costruttore di razzi amatoriali e progettista nel programma dello Space Shuttle. Ma al di là di queste rare eccezioni, il nostro primo satellite artificiale non ha destato fantasie letterarie sfociate in risultati apprezzabili.

Ma da Murakami prendiamo queste poche belle righe: “E in quel momento capii. Eravamo state meravigliose compagne di viaggio, ma in fondo non eravamo che solitari aggregati metallici che disegnavano ognuno la propria orbita. In lontananza potremmo anche essere belle a vedersi, come stelle cadenti. Ma in realtà non siamo che prigioniere, ognuna confinata nel proprio spazio, senza la possibilità di andare da nessun'altra parte. Quando le orbite dei nostri satelliti per caso si incrociano, le nostre facce si incontrano. E forse, chissà, anche le nostre anime vengono a contatto. Ma questo non dura che un attimo. Un istante dopo, ci ritroviamo ognuna nella propria assoluta solitudine. Fino al punto in cui bruceremo e saremo completamente azzerate."


Probabilmente tanta è stata la paura nella popolazione statunitense in particolare ed occidentale in generale, da impedire elucubrazioni pindariche.
Non si è però parlato troppo di questi momenti storici grondanti paranoia e possibile guerra o rappresaglia atomica. Ma andiamo con una piccola descrizione dell’inaugurazione:
Verso le 18, nonostante la protezione del servizio d'ordine (3 gorilla) riesco ad entrare nel locale senza vestire l'abito scuro. Al centro, su un trespolo uguale a quello dei laboratori russi tramandati dall'iconografia c'era lui. Le antenne si flettevano ricordandoci che non eravamo nello spazio.


Un paio di espositori in vetro mostravano giornali riviste libri e memorabilia. Cartelloni in perspex raccontavano tutt'intorno le pareti le fasi salienti del progetto. Un tv+videoregistratore proiettava un interessante documentario. Un po' tutti ci siamo sparati foto accanto alla palla antennuta.
Una bella ragazza oriunda ucraina alta e magra "miss cotonella" attendeva da una parte, con la madre (meglio della figlia, secondo i giudici popolari presenti nella sala), che le si facessero gli onori.
Alle 19 arrivano gli ospiti. Guidoni astronauta italiano, esponenti politici ucraini (ambasciatore e consigliere), giornalisti con troupe che iniziano a fotografare al 90% la modella affianco lo Sputnik, affianco Guidoni, affianco a tutto e tutti.
Poi la presentazione inizia e prendono la parola l'organizzatore Luciano Castro e via via tutti gli invitati. Le troupe filmavano. Riconosciute Skytg e La7 che avranno poi ritrasmesso le interviste in orari da astronomi.
Poi si inizia a mangiare il ricco buffet ed a pensare le parole giuste da scrivere sul librone delle firme.


Tanto per fare gli spiritosi, adocchiando il vassoio dei fritti, “un paio di invitati” progettiamo e costruiamo al volo, in barba alla mancanza di fondi cronica del nostro paese, un minisatellite con minisuppli' e 4 pezzetti di carta arrotolata. Viene fotografato e filmato più di quello grosso. A futura memoria dell'iniziativa scientifica italica. Qualcuno, mentre i gorilla non guardavano, l'ha poi mangiato prima del lancio. Metafora italica anch'essa. Tragica fine del Suppnik-1.

 

 

Espiazione (di Nicoletta Bartolini)

 

 

Come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. E’ la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, né per il romanziere, nemmeno se fossero atei. E’ sempre stato un compito impossibile, ed è proprio questo il punto. Si risolve tutto nel tentativo”.
Questo dice Briony, a settantasette anni, condannata alla demenza senile arteriosclerotica multinfartuale, cinquantanove anni dopo. Cinquantanove anni alla ricerca dell’impossibile espiazione di un errore – o di una colpa?
Nel romanzo di Ian McEwan e nella fedele trasposizione cinematografica di Joe Wright, fraintendimenti, scambio dei punti di vista, amore, gelosia. E poi parole. Parole sfrontate, parole incomprese, che indurranno nell’errore. Vedere una cosa o sentirla, essere sicuri della percezione dello sguardo o dell’udito e del messaggio decodificato dal cervello e lo stesso sbagliare: tragico errore di interpretazione. O almeno questo sembrerebbe...
E così, grazie alle parole accusatorie di Briony, Robbie diventa agli occhi di tutti un maniaco sessuale:
“- Dunque l’hai visto.
- So che era lui
- Lascia perdere quello che sai. Stai dicendo che l’hai visto.
- Sì, l’ho visto.
- Come adesso vedi me.
- Sì.
- L’hai visto coi tuoi occhi.
- Sì. L’ho visto. L’ho visto.
E così si concluse il suo primo interrogatorio ufficiale”.
Ritenuto colpevole e condannato, mandato in guerra in alternativa alla prigione, Cecilia non potrà fare altro che aspettarlo e continuare a scrivergli “torna da me”.
Una travolgente storia d’amore viene interrotta, ma anche la vita di Briony resterà sconvolta, non appena comincerà a capire le conseguenze del suo gesto. Rinuncia agli studi programmati e diventa infermiera, assiste i soldati feriti in battaglia. “Ormai era questa la sua vita da studentessa, questi quattro anni di regime severo che non le  lasciavano né la libertà né la voglia di andarsene. Si stava abbandonando a un’esistenza fatta di limitazioni, obbedienza, regole, lavoro e costante terrore del biasimo”. Sempre sperando di poter incontrare la sorella, Cecilia,  per poterle parlare, per poterle almeno dire:
- Mi dispiace tantissimo. Vi ho procurato angosce terribili - ... Mi dispiace tanto. Parole impossibili. Inutili.
L’unica via che le resta per “espiare”, le viene offerta proprio dalla scrittura, a cui si dedica fin da bambina, e dalla  conclusione del suo ultimo – o forse primo – romanzo: “Espiazione”, appunto. Ora vuole raccontare tutta la verità, soltanto i fatti per come sono accaduti. Poi, però, riflette: se raccontasse veramente anche la fine della storia dei due amanti, di Robbie e di Cecilia, per come è realmente accaduta “Che razza di fine sarebbe? Quale logica, speranza o soddisfazione potrebbero trarne i lettori? ... Non posso fare a chi legge un torto simile”.
E così, diventa Dio per i suoi personaggi – in una storia dove si confondono ormai i piani – e ... “Mi piace pensare che non sia debolezza né desiderio di fuga , ma un ultimo gesto di cortesia contro la dimenticanza e l’angoscia, permettere ai miei amanti di sopravvivere e vederli riuniti alla fine. Ho regalato loro la felicità...”
Una storia angosciante per molti aspetti, per i destini deviati e spezzati da eventi incontrollabili, per l’inesorabile trascorrere e declinare della vita, per l’impossibilità di conoscere la “verità vera” - che forse non esiste - e soprattutto  per il non poter riparare gli errori commessi, nonostante quel disperato “mi dispiace, mi dispiace”, che a volte non è più possibile dire o che resta spesso inascoltato. 
“- Dal momento che hai mentito allora, perché dovrebbero crederti adesso? Non è emerso niente di nuovo, e tu resti un testimone inaffidabile”.
Era tremendo ascoltare la conferma della sua colpa da parte della sorella. Ma quella prospettiva le giungeva nuova. Fragile, stupida, confusa, vigliacca, evasiva: si era detestata per ogni suo difetto, ma non aveva pensato a se stessa come a una bugiarda.... Non era stata sua intenzione ingannare nessuno, non aveva agito in malafede. Ma chi le avrebbe creduto?”.
Eppure... c’era stato forse dell’altro, tanti anni prima, all’origine di quello “sbaglio”?
Briony procedeva in silenzio, a testa bassa, probabilmente imbronciata, anche se non la vedeva. Quando uscirono dal bosco ed ebbero attraversato il cancelletto, lei si fermò per voltarsi. Il tono di voce fu deciso, quasi insolente. Non era affatto mortificata, anzi, lo affrontava con aria di sfida.
- Ma tu lo sai perché volevo che mi salvassi?
- No.
- Non è ovvio?
- No, per niente.
- Perché ti amo.
Lo disse coraggiosamente, a testa alta, sbattendo più volte le ciglia, come confusa dalla verità solenne appena rivelata.
Robbie trattenne l’impulso di ridere. Era l’oggetto di una passione infantile.
- Che cosa diavolo intendi?
- Quello che intendono tutti quello che lo dicono. Ti amo.
Questa volta le parole contenevano una nota patetica e acuta. Si rese conto di dover resistere alla tentazione di scherzarci sopra. Ma era difficile.
Mille tormenti. Tutti quelli che è in grado di provocare l’amore, la passione.
Il film rende molto bene l’intensità e la drammaticità della narrazione, anche se, ovviamente, le suggestioni del libro sono più profonde e sfumate.
E per gli aspiranti scrittori, quale messaggio?
Ci sono certi romanzi che non si possono pianificare, si devono scrivere per scoprire come sono e sono essi stessi, durante la stesura, che ti insegnano come andare avanti” (Ian McEwan - fonte stradanove.net).
E poi, soprattutto, non dimentichiamo che “... Si risolve tutto nel tentativo”.

il trailer del film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



   
 
 

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