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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
 

 Attualità - Agosto 2007

 

Da Saffo al Colosseo “kiss pride” (di Nicoletta Bartolini)



            “Dopo l'arresto, la scorsa settimana, di due ragazzi gay fermati dai carabinieri mentre si baciavano di fronte al Colosseo, la procura di Roma ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza il reato di atti osceni in luogo pubblico.”

C’era una volta ch’ero innamorata
io, di te
Attide. Mi sembrava
che fossi una bambina, così piccola,
e acerba.

Sono trascorsi duemila e settecento anni (più o meno) da quando Saffo, elegante e appassionata poetessa dell’antica Grecia, descriveva con impareggiabile maestria e delicatezza i più sottili moti dell’animo umano, i tormenti, il desiderio, la gelosia. L’amore. Sentito e vissuto come una malattia. “... Eros ha squassato il mio cuore, come raffica che irrompe sulle querce montane...”. Educava le fanciulle, nel “tiaso”,  al culto delle  Muse, alla poesia, all’esperienza della vita collettiva, del canto e della danza, affinché diventassero splendide testimoni di Afrodite, dea della bellezza e dell’amore. E fiorivano le passioni, esplodevano i sentimenti.
Uno sguardo, un sorriso …  un fremito che diventa turbamento incontrollabile e scuote il corpo e l’anima.


Pari agli dei mi sembra
quell’uomo: innanzi a te
siede e tanto vicino sente la tua voce
dolce,
il desiato riso. Oh, a me
il cuore sbatte forte e si spaura.
Ti scorgo, un attimo, e non ho
più voce;
la lingua è rotta; un brivido
di fuoco è nelle carni,
sottile; agli occhi il buio; rombano
gli orecchi.
Cola sudore, un tremito
mi preda. Più verde d’un’erba
sono, e la morte così poco lungi
mi sembra…

         “Su iniziativa del capo della procura di Roma, il procedimento a loro carico è stato assegnato a un pm "sorteggiato" dal computer…”.

Un grande salto temporale, miliardi di amori e moltissimi secoli dopo. Fine del 1900: un brillante scrittore, affermato, controverso e irriverente, esteta e provocatore. Un uomo colto e raffinato, sposato e padre di due bambini che un giorno  si innamora del figlio di un Lord, Alfred Douglas, detto “Bosie”.
E’ Oscar Wilde.

“L'Amore, che non osa dire il suo nome in questo secolo, è il grande affetto di un uomo anziano nei confronti di un giovane, lo stesso che esisteva tra Davide e Gionata, e che Platone mise alla base stessa della sua filosofia, lo stesso che si può trovare nei sonetti di Michelangelo e di Shakespeare... Non c'è nulla di innaturale in ciò”.
Così cercherà di difendersi durante il processo che terminerà con la condanna a due anni di lavori forzati e causerà la sua rovina sia dal punto di vista finanziario che letterario, almeno per quel tempo.
“Le persone che fanno cose di questo genere devono essere immuni da ogni senso della vergogna, e non si può produrre alcun cambiamento su di loro”, affermava il giudice che avrebbe emesso la sentenza.
Oscar Wilde muore in disgrazia, a 46 anni. Ad un amico preoccupato per lui, scrive: “Molto di quanto dici nella tua lettera è vero, ma continui a trascurare il grande amore che io ho per Bosie. Lo amo, e l'ho sempre amato. Mi ha rovinato la vita, e per questa stessa ragione sembro costretto ad amarlo di più (...)”.

Sentimenti che rifiutano barriere e stereotipi, amori che volano alto, sfidando giudizi e pregiudizi: amori lesbici e amori gay, insieme ad amori clandestini e amori impossibili, sfrontati, coraggiosi, incoerenti. Che a volte viaggiano accanto ad amori perduti, logorati, stanchi, dovuti.

         "Una coppia gay che stava consumando un atto sessuale, altro che bacio in bocca, davanti al Colosseo è stata naturalmente denunciata dai carabinieri per atti osceni in luogo pubblico, ai sensi dell'articolo 527 del codice penale.”
         “Sotto la luna, all’ombra del Colosseo e alla luce dei flash si sono baciate una trentina di coppie. A fare da guardoni – invitati, però - dieci telecamere e un pattuglione di una ventina di cronisti, con fotografi al seguito. Tutti ad inseguire i baci, appassionati e poco naturali, che ragazzi, ma non ragazze, si sono dati a favore dell’obiettivo”.
         “Un bacio in pubblico giovedì prossimo di tutte le coppie lesbiche e gay. L'iniziativa è dell'Arcigay di Roma”.
         - Rosi Bindi aveva stigmatizzato..
         - Mentre Livia Turco si augurava…
         - Il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè afferma...
         - Incivili richieste di una lobby aristocratica che chiede...

Ma di che cosa stavamo parlando? Di ostentazione? Strumentalizzazione? Politica e Associazioni di categoria? O parlavamo invece di amore?
Di quell’amore, etero oppure omosex – non fa differenza - che chiede  complicità e riservatezza, che sorride e non urla, che freme e si tormenta e sa gioire di emozioni piccole...
Che c’entrano i fotografi, i fischi, le polemiche… i raduni di piazza, le ostentazioni estreme? Le provocazioni?
La ristrettezza mentale e l’ottusità sono bestie feroci e invincibili e il rischio di scagliarvisi violentemente contro è quello di colpire altre sensibilità, pronte naturalmente ad accogliere, con intelligenza e cuore.
Certo parliamo di Amore che deve chiedere e che invece non dovrebbe avere bisogno di farlo; di necessità di pubblica condivisione e di allegria di baci e tenerezza e passeggiate mano nella mano. E di tutela giuridica anche. Amore che esige innegabile libertà e rispetto e non deve subire distinzioni di sorta, nè oltraggi, ma non deve confondersi con niente altro.

L’impeto di Paul Verlaine, poeta maledetto, devastato dall’amore travolgente per il giovane Arthur Rimbaud:

Ho il furore d'amare. Il mio debole cuore è pazzo.
Non importa quando, né importa chi o dove,
che un lampo di bellezza, di virtù, di valore
splenda, subito vi si precipita, vola, si lancia,
e, nel tempo d'un abbraccio, cento volte bacia
l'essere o l'oggetto che la sua scelta insegue (…)
Ho il furore d'amare. Che farci? Ah, lasciar fare!

E ancora le parole di  Saffo:

Quale la cosa più bella
sopra la terra bruna? Uno dice “una torma
di cavalieri”, uno “di fanti”, uno “di navi”.
Io, “ciò che s’ama”.
(...)

“La notte tra il 26 e il 27 luglio, all’una e 42 come si legge nel verbale dei carabinieri, una pattuglia sorprende due giovani intenti a un «rapporto orale» sulle scalette che portano da via San Giovanni in Laterano al Colosseo. Pantaloni e slip abbassati, genitali bene in vista e situazione non equivocabile.”
“...assumono tutt’altro aspetto le dichiarazioni di esponenti del centrosinistra e del mondo omosessuale che, appena appresa la notizia, l’hanno utilizzata contro l’Arma in nome della discriminazione sessuale. Da qui le due manifestazioni organizzate per il «bacio libero»...”.
“«Ci stavamo scambiando soltanto un bacio - si è difeso Michele - Sono una persona che tutti definiscono timida e riservata. Non mi metto a fare certe cose in pubblico. Io e Roberto non siamo fidanzati ma ci conosciamo da tempo, avevamo preso una cosa da bere e avevamo deciso di appartarci al Colosseo, in un posto tranquillo in cerca di intimità: non c'era nessuno e abbiamo cominciato a baciarci». «Domani incontrerò il mio legale, per definire la strategia che adotteremo», ha invece commentato Roberto dopo aver ricevuto la notizia dell'iscrizione del suo nome nel registro della Procura.”

1 agosto 2007

* tutte le frasi in corsivo riportate tra virgolette sono state estratti da fonti giornalistiche on line.

 

Procida (Fotoracconto di Veniero Vecchia)

 

Immigrato tardivo, inguaribile scettico, tenace bastian contrario, fervente non credente, osservatore per diletto, poco incline alle moine, ai salamelecchi, ai fronzoli, ai gadgets, alle inaugurazioni, alle glorificazioni, alle ricorrenze, alle benemerenze alle feste comandate e simili cazzate.

 

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Culi in gara (di Kremuzio)

Potete chiamarlo sedere, oppure natiche o glutei. Magari, con intento di volgarità anche “culo”, ma si tratta sempre dello stessa cosa, che a noi italiani piace tanto. E ci piace ancora, nonostante le tv di Berlusconi abbiano in passato cercato di spostare la nostra attenzione verso i seni.
Prosperosi, provocanti, offerti con spavalderia, molto spesso finti, frutto di operazioni di chirurgia plastica che hanno omologato quel che resta dell’immaginario erotico maschile. Silicone, protesi che ingannano l’occhio ma non la mano. Forme tutte uguali, che anche un occhio non necessariamente esperto in questioni di anatomia, anche da sotto un maglione, scopre agevolmente che la posizione del capezzolo, estrema vetta di questi monti favolosi, magari si trova un po’ più su di quanto non debba trovarsi, al vertice di una tetta rifatta.
Per il momento tralascio di pensare a quelle altre presunte dive che esagerano con i ritocchi e che a 30-40 anni, se non prima, rigonfiano guance e zigomi e labbra simulando le fattezze di una orrenda ed economica bambola gonfiabile (economica la bambola di plastica, non certo le operazioni a cui ci si sottopone). Possibile che nessuno dica a persone come Sabrina Ferilli o Valeria Marini che sono brutte? Mi crea ribrezzo osservare quei visi deturpati dai troppi innesti… Non si rendono conto che non riescono più a chiudere la bocca e perennemente ostentano due labbra oscenamente aperte a mostrare un’aria ebete, con un faccione rigonfio come Rocky Balboa dopo un match?
Per fortuna in questi giorni si svolge quel fantastico concorso proposto da Sloggi, che ha aperto le porte a tutte le bellissime donne comuni, con corpi mozzafiato e non, incentrato sul fondoschiena di modelle e casalinghe, madri mogli e fidanzate, che inviano le foto scattate sulla spiaggia o dinanzi lo specchio per essere votate e ricevere apprezzamenti che altrimenti non avrebbero.


Stuoli di ragazze e donne, più o meno giovani, di tutte le razze, si cimentano in questa mostra telematica che riempie gli occhi e fa sobbalzare il cuore ad ogni cliccata di mouse.
Eppure controllando bene (slurp) foto e statistiche, ci si accorge che le medie attribuite alle ed ai (si, anche gli uomini gareggiano con questa poco virile parte del proprio corpo) concorrenti non rispettano propriamente canoni di estetica, ma anche e pericolosamente un istinto protezionista, classista e razzista. Non sia mai detto che un bel sedere debba appartenere solo ad una ragazza top model magrolina di razza bianca fotografata da un professionista. Esistono anche le fantastiche nere, le provocanti “buzzicone” e splendide quarantenni (ed oltre) che con l’autoscatto (i mariti forse non sanno o non vogliono sapere?) si mettono in gioco stuzzicando la fantasia e stimolando messaggi di lode e richieste di approfondimento da parte dei votanti, accarezzando l’ego sopito e la propria autoconsiderazione.
Un’altra attenta valutazione statistica: mentre gli uomini sono generosi nell’attribuire il massimo dei voti (10) forse proporzionalmente al fragore del tuffo al cuore subito, le donne votano con cattiveria le concorrenti dalle fattezze esotiche o africane o slave, affibbiando un 1 (il voto minimo), non credo per razzismo, ma per la paura che ogni donna italiana ha nel suo cervello che le “straniere” abbiano il brutto vizio di rubare i mariti qui nello Stivale.
Riprendiamoci tutta la vera bellezza della femminilità facendo vincere non una modella slava e slavata ma una vera donna, magari con un po’ di cellulite, in una foto che non abbia i canoni della fotografia d’autore, ma che profumi di ragù e piatti tipici. Ridateci le donne “vere”!!! E al diavolo tutte quelle della televisione, con più silicone che sangue…

 

Scacco matto (di Asinov)

 

Scacco matto
(di Asinov)

Ed alla fine il grande Regista, nonostante gli arrocchi ed i tentativi di difesa e contrattacco, ha subito lo scacco matto dal suo grande antagonista.
Una partita persa dall’inizio, ma giocata come ogni grande uomo e conclusa nel modo più ovvio.

Colui che ha ideato quei grandi capolavori come “Il settimo sigillo”, premio speciale della giuria a Cannes proprio 50 anni fa, “Il posto delle fragole”, “Come in uno specchio”, “Sussurri e grida”, “Fanny ed Alexander” … solo per citare i più famosi. 60 anni di film con la sua impronta filosofica e psicologica, che raccontano saghe o semplici storie familiari, grandi drammi o piccole liti. Incommensurabile autore di storie che rimangono nell’immaginario di ogni persona.

Per chi scrive, Ingmar Bergman era l’ultimo dei sommi registi degli ultimi vent’anni che non ci sono più: Fellini, Kurosawa, Kubrick, Antonioni (questa di Michelangelo Antonioni è un’aggiunta dell’ultima ora. Giornata triste per l’arte!)


E’ proprio vero che il detto “sono sempre i migliori ad andarsene” in questo caso è Verbo! Non ci sono più gli artisti, ma ci rimangono solo gli artigiani, o meglio, i banchisti degli hard discount del cinema. E’ brutto far nomi, anche perché questi nomi non darebbero lo spessore alle loro opere, pardon, ai loro prodotti. Registi che sfornano 3-4 pellicole ogni anno con scadenze rigidamente fissate per le festività: il film di Natale, quello di Pasqua, quello di Ferragosto. Farsette irte di parolacce e doppi sensi o thriller dai titoli simili, composti di due parole, un sostantivo e un aggettivo; tutto estratto a sorte dal distributore di turno per prodotti che poi ci propinerà in TV alle ore 21, un paio di volte l’anno.


Invece dobbiamo aspettare di rivedere le opere dei Maestri solo in orari da vampiri su canali nascosti tra le televendite di padelle e prostitute telefoniche. E solo nei giorni in cui loro vengono a mancare! Inframmezzati da pause pubblicitarie scandalose (apro una parentesi: Avete fatto caso che sulla RAI le pause vengono decise da un cane? Interruzioni di frasi a metà, scene di pathos abortite, dissolvenze incrociate strappate… Vorrei conoscere quel demente che ha in mano quell’interruttore e quale mancanza di ragionamenti mette in atto per premerlo… Forse gli stimoli dovuti alla prostata ingrossata?). Ce ne sono ancora di grandi maestri? Qualcuno potrà regalarci o anche venderci emozioni come in Zabriskie Point? Dall’epica della storia cavalleresca alla guerra contro la borghesia tramite visioni psichedeliche in road movies o drammi familiari in appartamenti, mi accontenterei di tutto.
L’importante è che sia Arte, non botteghino.

 

 

 

 

 



   
 
 

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