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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
 

 Attualità - settembre 2008
 
Il furto dell'elefante bianco e altri racconti (di Livia Rocchi)

 

Tom Sawyer e Huck Finn ci hanno accompagnati per un pezzettino della nostra infanzia facendo capolino dall'antologia delle medie oppure, per i meno fortunati, come appuntamento fisso in forma di cartone animato. Il principe e il povero li conosciamo, se non altro a grandi linee, per averli assaggiati in tutte le salse televisive e cinematografiche, compresa quella che vede Barbie come duplice protagonista. Delle altre opere di Mark Twain invece non è ancora stato fatto alcuno scempio (che io sappia) quindi adesso ghe pensi mi!
Nei suoi settantacinque anni di vita (1835-1910) Samuel Langhorne Clemens, ha prodotto una mole impressionante di pensieri, saggi, commedie, romanzi, articoli, racconti, lettere, orazioni e aneddoti, tanto che una bibliografia completa delle sue opere è impossibile da ricostruire. Allora tanto vale "accontentarsi" di ciò che abbiamo e iniziare a conoscere il Mark Twain "minore" con una serie di assaggi gustosi, gradevoli, facilmente digeribili ma incredibilmente sostanziosi, che si trovano nella raccolta Il furto dell'elefante bianco e altri racconti.
In questa serie di racconti Twain ne ha per tutti. Giornali e giornalisti, guerra, forze dell'ordine, governo, commercianti, mogli e mariti, poveri e ricchi, nonché per gli eterni complici: truffatori e truffati. Tutti noi, insomma, scritti oltre un secolo fa, descritti esattamente come siamo ora, osservati attraverso l'occhio ingenuo e spietato del ragazzino che guarda il mondo con animo un po' scanzonato, un po' preoccupato per ciò che lo attende; forse, giustamente, anche un po' arrabbiato, perché l'umorismo, la capacità di mettere a nudo e quindi in ridicolo i risvolti tragicomici dell'esistenza, sono un'arma potente, e Twain taglia di sarcasmo e colpisce di ironia nel suo modo inimitabile.
Impossibile leggere Il furto dell'elefante bianco, scritta più di un secolo fa, senza che il pensiero corra ai casi nostrani di delitti (ir)risolvibili sbattuti clamorosamente in TV, sui giornali e in ogni dove, che ben lontani dal chiarirsi, si aggrovigliano sempre di più ad ogni "contributo".
Impossibile seguire il percorso di La banconota da un milione di sterline senza riconoscere i moderni ricconi che costruiscono e demoliscono imperi su capitali inesistenti (e senza maledire gli ambiziosi, stolti imbecilli che glielo consentono).
Impossibile non riconoscere il contemporaneo vuoto di aspirazioni in quello zio ricchissimo che va in rovina per la mania di collezionare echi (sì, proprio echi, quelli di "Ohilalalà hi huuuu... huuuu... huuu... huu...").
Impossibile non constatare il trionfo dell'incompetenza in Come diventai redattore di un giornale agrario dove Twain scrive: " ... sono quattordici anni che mi occupo di affari di redazione, e questa è la prima volta che sento dire che un uomo deve sapere qualcosa per redigere un giornale (...) Tu hai il coraggio di parlare a me di giornalismo? Signore, io ci sono passato, dall'alfa all'omega, e ti so dire che meno uno ne sa e più è il chiasso che fa e più grosso è lo stipendio che pretende." *
È sarà bene tener presente che Mr. Clemens, in arte Twain, era uno che sapeva quello che diceva. "Sono arrivato con la Cometa di Halley nel 1835. L'anno prossimo ritornerà e conto di andarmene con lei", disse nel 1909. E così fece.
 

 

 


 
Lucchetti babbani e medaglioni magici (di Livia Rocchi)

Un saggio non esaustivo, come premette l'autrice, ma molto in linea con il tema principale dei romanzi che prende in esame. Infatti, se le vicissitudini di Harry Potter ruotano attorno all'eterna lotta (interiore e non) tra il Bene e il Male, il lavoro della Katerinov racconta in maniera brillante la sfida affrontata dalle traduttrici dei primi sei episodi della storia, i dilemmi e le scelte (o la mancanza di opzioni) di chi ha dovuto traghettare in Italia non solo i fatti narrati, ma anche le atmosfere, i molteplici riferimenti culturali, storici, geografici, il lessico, gli accenti, le invenzioni, tutta quella serie di caratteristiche che hanno reso la storia del Maghetto un fenomeno editoriale senza precedenti.
Il titolo prende spunto da un clamoroso errore commesso nel quinto libro: la parola locket, tradotta come "lucchetto", ma che in realtà significa "medaglione". Nulla di grave, non fosse che nei romanzi della Rowling qualsiasi oggetto buttato lì en passant, nel capitolo successivo può diventare un elemento fondamentale stravolgendo completamente il suo peso e il suo ruolo nella vicenda, come è regolarmente accaduto al lucchetto/medaglione che, se nel quinto volume era semplice spazzatura, nel sesto e nel settimo accompagna, tormenta e manipola i protagonisti per parecchi capitoli. In pratica, se l'errore non fosse stato scoperto e corretto nelle edizioni successive, ci saremmo ritrovati con i nostri eroi che volontariamente si stringono a turno un lucchetto attorno al collo e ne vengono soggiogati!
La Katerinov tuttavia, non ha compilato una sterile raccolta di imprecisioni, sviste, scelte arbitrarie, né ha imbastito polemiche nei confronti della Salani, la casa editrice italiana di Harry Potter (e per dare a Cesare quel che è di Cesare, anche la Salani ha fatto la sua parte accettando – per quanto se ne sa – la conclusione dell'autrice che afferma:  "La traduzione italiana di Harry Potter non è la peggiore delle traduzioni possibili"), ma ha mantenuto la lucidità della professionista. Si è infatti distaccata dalla mole di invettive piuttosto pesanti, e in qualche caso giustificate, rivolte ai traduttori italiani dai moltissimi fans che si sono trovati spiazzati da scelte decisamente discutibili. La più grave: tradurre allo stesso modo i termini Mudblood ("Sangue-di-fango") e Half–blood, ("Mezzosangue"). Sottigliezze da maniaci ossessivi? Decisamente no, dal momento che molti lettori italiani hanno avuto la bizzarra sensazione di un Signore Oscuro affetto da demenza, che dà il via alla pulizia etnica degli "Sporchi Mezzosangue" (traduzione adottata nel secondo volume per Mudblood), pur appartenendo lui stesso alla categoria degli Half–blood, i Mezzosangue, appunto.

Aprire questi "Lucchetti babbani" quindi è un'operazione interessante, divertente  e soprattutto utile per molte categorie di lettori:
– I fans del Maghetto che non sanno l'inglese, perché troveranno la spiegazione di misteri e incongruenze, oltre a una gustosa carrellata di retroscena, curiosità, battute e giochi di parole che si sono persi leggendo la versione italiana.
– I Potter-addicted che hanno letto il libro in inglese perché si potranno gustare le fatiche, gli svarioni, ma anche le trovate particolarmente felici di chi ha curato la traduzione di un libro tanto amato, e soprattutto potranno aggiungere alle avventure del loro eroe, le vicissitudini delle traduttrici che hanno dovuto lottare contro una materia sfuggente, potente e pericolosa (oh caspita: un Molliccio!, come direbbero Harry e compagni) senza nessun aiuto da parte della Rowling e dell'editore inglese.
– I lettori con un po' di puzza sotto il naso che non hanno degnato di attenzione questi "libriccini per ragazzi" e masse, perché potrebbero scoprire tanti riferimenti tutt'altro che "bassi" fatti dall'autrice (a Shakespeare, a Jane Austen, all'inglese arcaico, alla mitologia classica, passando per astronomia, latino, leggende celtiche, toponomastica...), le sue metafore, la sua straordinaria inventiva lessicale...   e chi più ha voglia di scoprire, più scopra!
– Quelli che "A me di Harry Potter non me ne può fregare di meno, anzi, mi sta pure antipatico", ma che amano la letteratura o le lingue straniere, perché senza mettersi in cattedra l'autrice riesce a insegnare quante sono le sfaccettature di un mestiere complicatissimo come quello del traduttore, alcuni trucchi per uscire d'impaccio e, perché no?, qualche nuova parola o espressione inglese che fa sempre comodo (meglio però tenere presente che i sudditi di Sua Maestà potrebbero rimanere perplessi se affermassimo di essere stati punti da un dumbledore, modo arcaico per indicare il calabrone e nome originale del nostro Albus Silente).
– E infine loro: GLI SCRITTORI, o aspiranti tali, perché è impossibile leggere questo saggio e non ritrovarsi a riflettere sulla propria scrittura, sugli ingredienti, le suggestioni, le regole che la devono caratterizzare.

Per chi si ponesse la legittima domanda: "Che senso ha leggere un libro sulla traduzione dei primi sei volumi, adesso che è uscita anche quella del settimo?", la risposta è semplice. Gli approfondimenti relativi alla versione italiana dell'ultima parte della saga sono in corso e si possono trovare nel sito:
http://www.ilariakaterinov.com/2008/04/27/i-doni-della-morte-in-italiano-1-il-titolo/
Ma prima di arrivare al dessert, sarebbe il caso di aver consumato tutto il lauto pasto cucinato dalla Katerinov; lo si divora molto velocemente e ci si può ritrovare con una bella sorpresa, quella di fare le ore piccole per finirlo, proprio come accade con le avventure del Maghetto.

 


        

 
Lo Zebra – Alexander Jardin (di Livia Rocchi)

 

Lo Zebra, romanzo scritto da Alexandre Jardin nel 1998,  in Francia aveva venduto qualcosa come seicentomila copie, ma in Italia... non arrivava. Fu così che, in barba a molte avversità, due formidabili amiche di Padova, innamorate di questo best seller d'oltralpe, decisero di metterlo a disposizione dei lettori italiani e fondarono una casa editrice (la Camelopardus) per regalarci la storia di Gaspare e Camilla, che dopo quindici anni di matrimonio sperimentano l'affievolirsi della passione, dell'entusiasmo e di tutte quelle piccole ma eccitanti sorprese che fanno scorrere il sangue nelle vene degli innamorati.
Che cos'ha di diverso questa coppia da tutte le altre? Semplice: Gaspare.
Gaspare, detto lo Zebra, "come il suo omonimo dalla livrea rigata si dimostra refrattario a ogni atteggiamento gregario. È uno di quegli originali che diffidano delle idee comunemente condivise, quelle che costituiscono il prêt-à-porter del pensiero".
Può lo Zebra accontentarsi di essere notaio e padre di due figli, rassegnandosi al fatto che la sua storia d'amore con Camilla sia morta per eccesso di tran-tran? Ovviamente no.
Lo Zebra parte al galoppo verso la riconquista della moglie e diventa "il drammaturgo della sua vita coniugale", convinto che vivere il suo amore come un attore vive la sua parte, lo renda più nobile, intenso, sublime.
E adesso provate un po' voi a mettervi nei panni di Camilla che, ripresasi perfettamente da un incidente stradale che l'aveva lasciata più morta che viva, non è altrettanto fortunata quando si tratta di reggere i bizzarri approcci del marito. In effetti, chi non rimarrebbe basito trovando il coniuge sulle scale, in costume adamitico, mentre tenta di mettere in scena il (maledetto) giorno in cui ci si è incontrati?
Un cuore, però, non si può forzare come  fosse una cassaforte, quindi Camilla, stanca di vivere in una pantomima, lascia lo Zebra. Se ne pentirà?
Come spiega Sara Saorin, editrice e traduttrice del libro nella sua versione italiana: "Gaspare è un simbolo, un eccesso, ma va preso così, senza calarlo troppo nella realtà. Mi cascano le braccia quando qualche lettrice ci scrive: <<Non mi è piaciuto il romanzo; io uno così non lo
sopporterei; mio marito infatti è tutto diverso; l'amore è un'altra cosa>> ".
Anche lo stile e il linguaggio usati nel libro sono particolari.
È sempre Sara Saorin che avverte: "Il linguaggio è barocco, pomposo, arzigogolato. In francese era pure peggio, ho dovuto contenerlo un po'. Per Jardin è uno strumento per scatenare l'effetto ironico e surreale. Qualcuno invece lo prende alla lettera e si perde il bello".
Il consiglio, quindi, è semplice: per godersi questa storia bisogna avere, come lo Zebra, il coraggio e la voglia di gustarsi ogni emozione, pagina per pagina, come se fosse sempre la prima. Lasciarsi andare alla lettura e farsi prendere da questo straordinario personaggio che, con i suoi eccessi e le sue trovate, fa molta fatica a rientrare nel cuore della moglie, poca a radicarsi in quello del lettore.
Ma si rassegnerà alla sconfitta lo Zebra? No. Come fermarlo allora? Potrebbe la Morte farlo desistere dalla sua impresa?
Bisogna leggere Lo Zebra per scoprirlo. Vale sicuramente la pena di conoscere questo personaggio che vuole andare oltre e contro tutto, speciale nelle imprese grandiose ma anche nelle stramberie, e persino nei suoi limiti. E nei non-limiti.

         

 


   
 
 

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