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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
 

 Attualità - marzo 2008

 

 

Alessandro Fort - Cento aforismi e un sogno (di Nicoletta Bartolini)

 

 

 

 Il sogno è quello di Alessandro Fort, psicologo, appassionato di filosofia orientale, di escursionismo, di alberi da frutta e, naturalmente, di scrittura.  Un sogno, il suo, comune a molti di noi: vedere i propri pensieri fissati sulla carta, toccare quei fogli odorosi di stampa fresca, sfiorare con le dita la copertina studiata con cura... un libro. Il “suo” libro.
E quando un amico arriva a coronare un sogno, non possiamo che essere felici per lui e augurargli la miglior fortuna, cominciando però a porgli qualche domanda, perché la curiosità cresce...

Alessandro, molti hanno un manoscritto nel cassetto, spesso un romanzo, a volte una raccolta di racconti o di poesie, in attesa di diventare il primo libro pubblicato nella propria vita. Perché Alessandro Fort pubblica invece un libro di aforismi? 

Gli aforismi consentono di parlare di molte cose usando poche parole: sono un vero e proprio concentrato di significati, e dunque il massimo della sintesi. Hanno la capacità di suggerire, di invitare alla riflessione e in ultima analisi di stimolare chi legge ad osservare quello che gli sta attorno con un occhio diverso. Gli aforismi sintetizzano il principio di come funzionano le cose: a me piace capire e poi scrivere, dirlo anche agli altri.

Quindi ti piace osservare e, considerando anche la tua professione di psicologo, studiare i comportamenti dell'uomo e del mondo che gli gira intorno. Con questo libro su cosa in particolare ci inviti a riflettere e perchè ritieni che sia importante farlo? 

Il libro invita a riflettere sulle diverse fasi della vita, dalla giovinezza - nella quale ci si preoccupa troppo di cose futili - fino alla vecchiaia e più oltre sino alla morte e su quello che dovrebbe essere, secondo me, il miglior commiato dalla vita. Tutto questo passando per il rapporto con i genitori o l'età di mezzo nella quale ci si interroga sul senso della vita e di quello che si è fatto sino ad allora. In sostanza è un invito a riflettere sul senso della stessa esistenza, su quello che è davvero importante, distinguendolo da quello che non lo è. Comunque, un invito a riflettere per evitare che, come indico nella introduzione, non si viva come foglie secche trasportate a caso dal primo vento autunnale. Questo risponde anche alla seconda parte della domanda. Non amo le vite passive, fatte di scelte non nostre, ma di altri. Ci sono coppie che fanno figli solo per dovere o per far contenti i futuri nonni. Ci sono persone che si vestono in un certo modo per far contenti gli altri che li guardano. Ci sono persone che sacrificano tutta la loro spontaneità per assecondare il costume e le altrui dicerie. E poi, alla sera si guardano alla specchio e soffrono di questa vita vissuta come una prigione dalla quale, pur avendo a disposizione delle porte, non riescono ad uscire. Questo mi fa tanta tristezza e come psicologo, lo posso confermare, tanta gente è prigioniera di se stessa. E come può poi educare i figli? Ad essere prigionieri anche essi?

A volte, però, ci si può trovare incatenati in situazioni e scelte non nostre - che sentiamo ormai lontane  o che non riescono più a farci stare bene - per  i motivi più diversi, sia la paura dell'ignoto ma anche il timore di far soffrire gli altri o...

Si, è vero. Se ad un certo momento cominciamo a riflettere sulle nostre scelte, sicuramente ci tocca sopportare le conseguenze di quelle fatte precedentemente, senza il lume della "ragione". Ma ritengo sia meglio salvare il salvabile piuttosto che proseguire per non sorprendere gli altri. Se ad un certo punto scopriamo che la strada che stiamo percorrendo punta diritta verso un muro contro il quale ci schianteremo, che facciamo? Proseguiamo per il principio della coerenza? Inoltre, chi ci ama dovrebbe volere il meglio per noi, altrimenti ... non ci ama così tanto come dice. "Lo faccio per il tuo bene" è una frase che molto spesso si sente ripetere da parte di persone che nascondono il proprio egoismo e approfittano del senso di colpa. Non di rado sono gli stessi genitori (che trasmettono il senso di colpa) a comportarsi così. Perché? Perchè non se la sentono di evitare al figlio quello che loro hanno subìto.

Ed è giusto perseguire la propria libertà a scapito degli altri? O questa potrebbe essere una forma di delirio di onnipotenza, nel senso che il bene degli altri potrebbe non necessariamente dipendere dalla nostra presenza, dal nostro "stare"?

No, la libertà di una persona si ferma nel punto in cui comincia quella di un'altra. Il problema si pone semmai nel caso di una coppia. Ma in questo caso il dovere della coppia è elaborare la libertà della coppia e dunque le due libertà personali. Lo stesso dicasi della famiglia e del rapporto delle "libertà" dei genitori rispetto a quella dei figli. E analoga considerazione va fatta per le amicizie, per i rapporti di lavoro... La libertà è una cosa valida per tutti. Tuttavia, la libertà è un qualcosa che non tutti sanno gestire. Molti la temono. Sembrerà strano, ma è così. Più si è liberi e più bisogna decidere, cosa non semplice e leggera da fare. E poi, la libertà non è invidiata. Certo, chi sta in carcere per un governo totalitario invidia la libertà che noi viviamo e diamo per scontata. Ma se spostiamo il discorso sulla libertà in senso totale ...di pensiero, di abbigliamento, ... la libertà diventa pesante ed essere liberi significa anche essere coraggiosi per avere la forza di essere se stessi, forti per resistere a chi tenta di riportarti alla normalità, impegnati a pensare con la propria testa.

Cambiamo argomento... Narra una leggenda che Alessandro Fort viva circondato da rigogliose piantagioni di alberi da frutta, alla cui coltivazione -  tra un aforisma e un raccontino – si dedica personalmente con estrema passione e dedizione, difendendole strenuamente ed evitando con cura di far addentare i preziosi doni della natura da chicchessia... pare che soltanto pochissimi eletti abbiano avuto la fortuna di assaggiarli... come mai? (gentilmente ci ha concesso una foto delle sue gemme).

Beh, che io viva circondato da piantagioni è un pò esagerato. Ho dietro casa un pezzettino di terra sul quale ho piantato con le mie mani degli alberi da frutto che curo con passione e pazienza. Sono per la precisione tre meli, un pero, un albicocco, due peschi, un ciliegio, una goccia d'oro e un pruno sangue di drago. Il nome impressionante di questo ultimo deriva dal succo particolarmente rosso che esce dalla polpa. Mi piace guardare il trascorre delle stagioni attraverso la loro vita, dalle piccole gemme, passando attraverso i fiori visitati dalle api, fino ai frutti che risplendono ai raggi del sole. Per quanto riguarda gli eletti ... si, in effetti sono pochi quelli che possono addentare i frutti. E' una fortuna che bisogna guadagnare con la giusta sensibilità di chi coglie un frutto e ringrazia la pianta di averglielo donato. Tra questi, oltre a mia moglie, c'è la mia vicina con la quale facciamo dei veri e propri baratti, così scambio mele e albicocche con i frutti del suo orto.

Ehm… sicuramente i tuoi amici saranno molto contenti  di queste tue asserzioni, ma… continuiamo con le domande.
Alessandro, tu ti senti "libero"?

Nessuno è completamente libero. Siamo influenzati dal nostro passato, da ciò che ci hanno insegnato i nostri genitori, dalla cultura che ci ha visti crescere ed ci ha educato in un certo modo. Tuttavia, credo di esserlo più di tanti altri abituati ad accettare le idee o i principi preconfezionati. Mi sento libero di avere delle mie opinioni, elaborate leggendo anche libri lontani dalla nostra cultura e di aver cercato di capire il più possibile. Con il prezzo relativo, visto che tutto si paga. Avere un'idea originale costa, sia in energia per elaborala sia per conservarla malgrado le critiche altrui. Chi pensa piace poco, perchè si prova una specie di invidia, ma anche una specie di fastidio. E spesso, specialmente nella nostra cultura italica, conviene dire poco. E in questo senso la cultura anglosassone ci è superiore, in termine di coraggio ad accettare altre idee e altre possibilità.

Parlavamo all’inizio di quello che dovrebbe essere il “miglior commiato dalla vita”. Cosa intendevi dire?

Dovrei citarmi per rispondere...

Non ci dispiace...

Ebbene, “LA MORTE MIGLIORE - QUELLA IN CUI SI CESSA DI VIVERE CONVINTI DI AVER UTILIZZATO BENE IL PROPRIO TEMPO”. Naturalmente questo apre un discorso complesso: cosa significa aver utilizzato bene il proprio tempo? Mi tocca citarmi una seconda volta: “L'UOMO HA IL PRIVILIEGIO DI POTER PERCEPIRE L'INFINITO, DI DIVENTARE CONSAPEVOLE DI SE STESSO E RAGGIUNGERE LA LIBERTA’ DELLA PROPRIA MENTE”. Credo che queste siano le cose da scoprire e capire. Ma adesso mi chiederai che cosa intendo per infinito? No, non è Dio, è proprio il concetto di infinito, della sensazione dell'universo infinito e dello spazio infinito. La capacità umana di sentire e percepire delle sensazioni indefinite, che vanno oltre i 5 sensi. Ma nel dire questo, sarebbe bello sapere se questo è un priviliegio solo per noi umani.

Torniamo a parlare un po' di scrittura: noi ci siamo conosciuti grazie a un concorso letterario e poi a un tuo racconto che ci hai inviato per la pubblicazione nella nostra Vetrina. Qual è il tuo rapporto con la scrittura di narrativa e quali sono i tuoi progetti futuri in proposito?

Quando mi viene l'ispirazione giusta, partecipo a qualche concorso. Non vinco mai, ma mi permette di confrontarmi con i temi o gli argomenti dei singoli concorsi banditi qua e là per la penisola. E poi, come ogni buon sognatore, continuo a lavorare ormai da tre anni sul mio romanzo. Lo sto finendo proprio in questi mesi. Mi ci vorrà un altro anno per la rilettura e le ultime sistematine. Ci ho messo dentro tutta la fantasia possibile, ma anche qualche mio sogno personale e un omaggio ad autori lontani nel tempo di cui ho letto le opere lasciate ai posteri. Ci tengo a citare in particolare il Tao Te Ching di Lao Tzu, saggio cinese vissuto circa 2500 anni or sono.

Come mai questa citazione ti sta tanto a cuore?

Ho letto i quattro libri canonici di Confucio, alcuni sul Buddismo, l' "ARTE DELLA GUERRA" di Sun Tzu, l' "I CHING" e tanti altri, ma il "TAO TE CHING" mi ha sorpreso in quanto è l'unico testo in grado di dire moltissimo, dicendo pochissimo. Di Lao Tzu mi ha affascinato il senso della relatività delle cose. Un concetto affascinante è in particolare quello per il quale ogni fenomeno rappresenta la premessa del fenomeno contrario. Una giornata di sole è la condizione preliminare per una giornata di pioggia e viceversa. Da ogni fenomeno dobbiamo sempre aspettarci il suo opposto, ricordando che comunque tutto è relativo. Anche se questo può spaventarci e disorientarci. Il simbolo del Tao infatti ricorda che in ogni cosa è presente il suo opposto. Nel bene c'è del male, come nel male c'è del bene. Nell'uomo c'è del femminile, come nella donna c'è del maschile. Nella guerra c'è la pace e nella pace c'è la guerra. E' illusorio che qualcosa sia stabile nel tempo e rimanga uguale a se stesso. Tutto cambia. La cosa più intelligente è adattarsi, non resistere. Lao Tzu venne più volte chiamato a collaborare con l'Imperatore, ma lui rifiutò sempre dicendo che se le cose fossero andate bene, l'Imperatore avrebbe fatto bella figura sapendo scegliere i collaboratori. Se le cose fossero andate male avrebbe dato la colpa a lui. Un giorno decise allora di andarsene via. Ma venne riconosciuto alla frontiera da una guardia la quale gli chiese, per lasciarlo passare, qualcosa di scritto sulla sua saggezza. Lui consegnò alla guardia alcune pagine. Quelle divennero il solo testo che lui scrisse: il Tao Te Ching. Lao Tzu passò il confine e scomparve. Di lui nessuno seppe più nulla.

Alessandro, in chiusura, vorresti dedicare un aforisma in “esclusiva” a tuttiscrittori.it?   (casomai un giorno vincessi il Nobel per la letteratura...)

Beh... grazie per l’augurio, comunque ecco l’aforisma: “SE SCRIVERE PERMETTE DI DARE UNA FORMA AI PROPRI PENSIERI, LEGGERE CONSENTE DI AVERNE DI NUOVI”.

** * **

Abbiamo iniziato l’intervista con un sogno di Alessandro, concludiamo ora con una diversa immagine dell’altro suo sogno, anche questo felicemente realizzato: ancora gemme dall’esclusivo frutteto di Alessandro Fort.

SEGUIRE TUTTI I PROPRI SOGNI E' DA BAMBINI, NON SEGUIRNE ALCUNO E' DA INSENSATI”...

Il libro di Alessandro Fort – “Dove vai” - si può acquistare on line sul sito dell’editore:  www.altromondoeditore.com.

 

 

 

DanaeUn’occasione per gli scrittori esordienti
 (di Stefano Santarsiere, che risponde alle domande di “ tuttiscrittori”)

Stefano Santarsiere comincia a spiegare...
Per un aspirante scrittore, arrivare alla pubblicazione è già impresa ardua. Ma il punto è che non basta arrivarci: vedere il proprio libro stampato e con un bel codice ISBN è una conquista che significa poco o nulla in termini di pubblicità e diffusione dell’opera.
Sappiamo fin troppo bene che l’editoria italiana (e forse non solo quella) combatte una battaglia impari con l’indifferenza di un popolo che legge un libro all’anno, per lo più sotto l’ombrellone, con lo strapotere di media invadenti e ricchi, con le tentazioni di una tecnologia a buon mercato e dall’appeal straordinario. Di solito, l’arma che l’editoria sceglie per conservare il proprio spazio vitale è il nome di richiamo, l’autore già affermato e acclamato, il fabbricante di best-sellers formato famiglia. Se va bene. Oppure l’espertone di politica da salotto, se va male.
In questo bailamme, se non gode dell’appoggio di una grande casa editrice o di un mecenate disposto a vendersi la camicia per lui, l’esordiente è destinato a soccombere.

E allora?
E allora i canali distributivi si devono reinventare. Lo scrittore alle prime armi deve trovare un sentiero attraverso il quale condurre il suo libricino fuori dalla soglia dell’oblio.
E’ in questo panorama che si è efficacemente inserita Danae.
Danae (Distribuzione Autonoma Nazionale Autori Esordienti) è un’Associazione di Scrittori non ancora famosi, nonché di Editori e di Librai che scommettono su di essi, che vorrebbe spezzare il noto circolo vizioso dell’editoria italiana per cui, ignorando gli esordienti, si sottraggono dal panorama letterario italiano le idee più innovative.
Danae seleziona solo i testi che rispondono a precisi criteri di qualità, fra i quali i responsabili dichiarano orgogliosamente di far prevalere la customer satisfaction. Il ‘prodotto libro’, cioè, riceve una valutazione complessiva, di contenuto e contenitore, anche in rapporto al prezzo di copertina e senza eccessi o compiacimenti accademici.

A proposito di marketing: come possiamo uscire dal paradosso prezzo/qualità? Un “Montalbano” costa 7 euro, libri di giovani esordienti possono costare tranquillamente 15 euro...
Questo, in effetti, è uno dei problemi più gravi. I libri degli esordienti costano molto perché hanno tirature basse, e le tirature sono basse proprio perché si tratta di libri di esordienti. Bisognerebbe che le case editrici avessero più fiducia nelle opere scelte per la pubblicazione, magari tornando a fare selezione in modo serio e mirato, anche se questo significa pubblicare meno libri. Invece si preferisce pubblicare molto, con basse tirature e per di più chiedendo contributi agli autori, con il risultato che la casa editrice si accontenta e tutto finisce lì. Ma un buon libro può vendere anche molto, se ben veicolato. Non c’è bisogno di stampare 500 copie (a spese dell’autore) e lasciarle nei magazzini. Le poche case editrici che hanno politiche coerenti (come Marcos y Marcos), sono un ottimo esempio. Comunque, dando un’occhiata al catalogo DANAE, si può notare come più del 70% dei titoli presenti non superi i 10,00 euro. E questo perché, nell’esame di ammissione, il prezzo di copertina è un elemento importante.

Chi seleziona i testi?
In DANAE, a occuparsi di selezione è un gruppo di lettori esperti e non di scrittori, critici o altri operatori del mondo editoriale: l'obiettivo è quello di avere lettori sempre soddisfatti dei propri acquisti.

Chi seleziona i lettori e con quali parametri?
La maggior parte dei Lettori provengono dalla Lettura Incrociata, il servizio gratuito di valutazione testi del famoso sito web per aspiranti scrittori ‘Il Rifugio degli Esordienti’ (www.danaelibri.it/rifugio); e nell’ambito di questo servizio si sono fatti ‘le ossa’ leggendo e commentando gli inediti delle migliaia di visitatori che ogni anno utilizzano questo servizio. La coordinatrice della Lettura Incrociata, la professoressa torinese Piera Rossotti, è anche responsabile del Settore Selezione Libri di DANAE, ed è lei che si occupa di reclutare i lettori.

Anche le case editrici si comportano nello stesso modo (gruppo di lettori selezionati e non di scrittori o critici). Qual è la differenza sostanziale?
Rispetto agli editori che fanno davvero il loro mestiere, la differenza è minima. Non a caso DANAE si ripropone semplicemente di ripristinare quel naturale filtro tra chi scrive e chi legge, il quale, prima della diffusione delle pubblicazioni con contributo dell’autore, era garantito dall’editore e sorretto dal suo interesse a selezionare e pubblicare opere con un potenziale mercato. L’unica differenza è che Danae non valuta inediti, ma testi già pubblicati, e quindi anche il lavoro fatto dall’Editore e non solo quello dell’Autore: impaginazione, editing, copertina, qualità di stampa e, non ultimo, prezzo di copertina sono elementi che entrano nella valutazione, insieme alla qualità del testo, e contribuiscono in maniera non marginale a decretare l’ammissione o l’esclusione del libro dal catalogo.

E quali sono i passaggi successivi?
Scelte le opere, Danae mette il suo catalogo a disposizione dei librai convenzionati e di tutti i potenziali acquirenti del web. Una rivista gratuita, un sito internet molto curato, la partecipazione a tante manifestazioni letterarie in tutta Italia, e gli stretti rapporti con altri portali, con alcune radio private e con altri media, completano il progetto.

Quindi distribuzione anche nelle librerie?
Certamente sì. Il posto più naturale per i Libri è la Libreria. È lì che un Lettore li può incontrare, anche casualmente, e può scoprire di amarli. Anche se i volumi di vendita e i margini di guadagno per l’associazione in questi casi sono molto più bassi.

Non si rischia di rimanere intrappolati in un circolo chiuso dove gli unici potenziali lettori sono gli altri giovani scrittori, che notoriamente non leggono molto le opere dei propri “colleghi”?
Indubbiamente, una delle platee è proprio quella degli altri esordienti. Gli autori ammessi al catalogo tendono a sviluppare uno speciale senso di appartenenza e di reciproca solidarietà, basato sulla comune condizione di scrittori non ancora noti. I loro libri acquistano visibilità in un ambiente chiaramente definito, dove si è scrittori esordienti e si offre il proprio libro. E ciò trasforma ogni autore non solo in venditore, ma anche in potenziale cliente di altri scrittori poco noti. E questo sarebbe già un ottimo risultato: è pubblicità, ma è anche è legame economico e culturale. In una parola, è marketing.
Ma, fortunatamente, sia in Libreria che sul sito, giungono anche tantissimi Lettori che non hanno alcuna velleità di scrittura e una percentuale consistente dei volumi Danae finisce nelle mani del più tradizionale Lettore Comune.

Ha un costo elevato il servizio di Danae?
Nessun costo diretto. A parte qualche copia omaggio del libro, utilizzata principalmente per il lancio promozionale, le copie del libro selezionato vengono cedute in conto vendita. A fine anno le copie vendute vengono pagate al proprietario (che può essere l’Autore o l’Editore, in base a chi ha proposto il libro) al 50% del prezzo di copertina. Per i Soci Autori, sono poi previsti degli ulteriori bonus, del 15% per le vendite in diretta e del 4% per quelle in libreria, sulle quali pesa già la percentuale spettante al libraio. Il socio-autore ha un solo impegno, più che altro morale: quello di acquistare quattro libri all’anno dal catalogo.
Insomma, tutto qui il segreto di Danae e del suo successo. Lo scrittore esordiente si libera dell’aura malinconica da solitario triste e incompreso, e diventa parte di un network dove può farsi strada anche senza l’appoggio delle multinazionali della carta stampata.
E’ forse questo, il sentiero per uscire dall’oblio?

Una constatazione: la vera sfida forse sarebbe quella di riuscire ad “aumentare” la platea dei lettori, ampliando la cerchia degli amanti dei libri. E’ forse duro da ammettere, ma, al momento, tra gli autori, Faletti e Moccia sono gli unici che “guadagnano” lettori (anzi, “anche” lettori). A noi sta il farli “crescere”.

Ma, Stefano, perché ci racconti tutto questo?

Perché un mio libro è stato inserito nel catalogo DANAE. Si tratta de ‘L’arte di Khem’ – ed. Pendragon (BO) – 2005. E’ una storia di amicizia, crescita e mistero, ambientata in un paese del sud Italia nell’estate del 1978.  Sono felice che sia stato selezionato e devo dire che i riscontri sono stati positivi, naturalmente nell’ambito di quanto possa fare un autore non ancora famoso. Sarebbe bello che anche altri autori esordienti potessero cogliere questa opportunità.

 

Per saperne di più: www.danaelibri.it
La scheda del romanzo ‘L’arte di Khem’ è qui:

http://www.danaelibri.it/acquisti/danae_acquisti_catalogo.asp?Titolo=khem

 

 

 
 



   
 
 

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