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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
 

  I CONCORSI

 

 

GIOCO LETTERARIO

“Mi sono innamorato(a) di te”

 

Inviato da Anonimo il 20/05/08 @ 15:18 via WEB – Renata  Maccheroni – fuori concorso
"Ti voglio bene. Lo scriveva dentro le crepe dei muri dove soltanto le lucertole s'infilano, crepe dai contorni scheggiati dal sole. Non so stare senza musica, mormorava ai passanti strusciando le dita sulla camicia sporca, mimando le corde d'una immaginaria chitarra. Non raccoglieva quattrini, nessuno posava elemosine: rifiutava un cappello a rovescio in terra o una scatola vuota aperta ai passanti. Impedisce alle note di scivolare sull'asfalto, era il suo credo. E poi le mani s'allungano solo per accarezzare. Mario, me lo regali un sax? chiedeva al gestore del caffè quando pioggia e freddo lo spingevano a cercare non il tepore, ma gente. Parlava poco, più che altro ascoltava. La rabbia, la bestemmia, le parole d'amore fasulle urlate e quelle di dolore non dette. Componeva in silenzio su strumenti invisibili ma per lui tutt'affatto palpabili, le ballate per una lei del tempo che fu, lei rimasta tatuata sulle vene. Signora Mia, sussurrava in canto, Signora Mia, con la stessa reverenza del rivolgersi ad una Madonna. Gli si adombrava lo sguardo dall'insoddisfazione di un pezzo mal riuscito, gli pareva d'offenderla, la signora sua, attraverso una nota sgraziata, un soffio in più nei fiati. Stava sempre fisso al medesimo posto, convinto com'era che da quei centimetri di marciapiede salisse la magia per aiutarlo a scrivere. La sera portava a braccetto messer magone, intonando una nenia sempre uguale: rosso di sera nel domani si spera. Così soffiava piano e lento dentro il sax di là da venire, col gomito appoggiato sul bancone dove ad ascoltarlo c’erano un cappuccino ormai freddo e un cornetto farcito di marmellata. In sottofondo i santi tirati giù dal Mario al quale non garbava sprecare cibarie e soprattutto faceva male al cuore guardare Rosso Di Sera, così lo chiamavano, cantare per una fotografia."

 

Inviato da Anonimo il 22/05/08 @ 15:13 via WEB  - Manfredi Alter
Fu amore a prima vista, di quelli incoscienti e temerari.
“Sei quello giusto, ne sono sicura.”
Anzi,vera passione, tenera e travolgente .
E passeggiate sulle rive del fiume e picnic nel parco e spese folli nei mercatini e fare tardi dopo un film al cinema e cenette romantiche a lume di candela.
“Non potrei più vivere senza tutto questo, senza di te: sono la donna più fortunata del mondo!”
Rideva felice, abbracciandomi, ma poi diceva seria: “Fino a che morte non ci separi.”
Non scherzava su queste cose, la mia ragazza.
“Cerca di capirmi. E’ un dono speciale quello che ho in mente, solo per noi due...” Era mortalmente seria quella sera, mentre si avvicinava e un piccolo, prezioso regalo brillava attraverso le dita chiuse della sua minuta mano.
“…E’ il nostro destino...”
Stava piangendo mentre mi baciava con trasporto.
“…Dimmi solo di si, ti prego.”
Cosa altro avrei dovuto risponderle?
“Ora sono veramente felice...” Sussurrò, un istante prima di aprire un secondo sorriso attraverso la mia gola con l’affilata lametta. “...Ti amo.”
Anche io, piccola, pensai convinto.

 

Inviato da alessandro_n_1971 il 22/05/08 @ 22:07 via WEB
L'innamoramento - Dire, fare, baciare, lettera o testamento? Se esco io e dice baciare significa che resteremo insieme per sempre. Dire, fare, baciare, lettera o testamento? Anzi no, no! Meglio non mettere condizioni. Gira bottiglia gira e se mi dice baciare e divento rosso? Non devo diventare rosso, comunque è peggio se dice testamento. Dire, fare, baciare, lettera o testamento? Oggi ha le treccine, in classe non le porta mai. Vorrei vederla sempre così. Magari domani glielo dico. Magari meglio di no. La bottiglia si ferma. Esco io. Dice baciare.

 

Inviato da Anonimo il 23/05/08 @ 10:38 via WEB
Mi perdo e il resto è silenzio. Cammino, cammino ma sono sempre in ritardo. Il tempo s’è fatto ancora più tiranno. Sono leggero come il vento e potrei diventare foglia. Mi rimproverano spesso per il mio comportamento troppo distaccato ma li ignoro sorridendo. I loro richiami sono un eco lontano inafferrabile per le mie orecchie. A stento mi accorgo di essere solo nel mio appartamento. Fisso, senza motivo, un punto imprecisato della stanza. I miei impegni si cancellano senza chiedermi permesso e così ho perso il mio film preferito alla tv. Non m’importa. Nei momenti di lucidità so di aver sbagliato mondo. Non avverto la solita puzza nauseante di persone nell’aula. Non avverto la difficoltà del corso universitario. Non avverto stanchezza noia o voglia di uscire. Sono vivo ma sembro morto. Cosa mi succede? Il mio corpo ha mille energie inutilizzate. Sono un estraneo. Sofia: sono tuo. fabio ^__^

 

Inviato da smile.new il 23/05/08 @ 11:31 via WEB
Riflessi
La finestra socchiusa lasciava entrare il primo sole del mattino, che si posava sul volto con i riflessi dell’iride filtrati dal cristallo, facendo uno strano gioco di luci.
Tutto sembrava irreale, la stanza d’albergo con quell’enorme letto al centro, il grande specchio al lato solo appoggiato al muro, i vestiti in terra lasciati cadere uno ad uno la sera prima in preda all’eccitazione del momento, quel corpo nudo bellissimo, disteso, ed io, preso di nuovo da una eccitazione evidente, un’immagine che prendeva tutta la mia mente. La finestra faceva entrare una brezza leggera, che alzava i teli della tenda che quasi danzando sfioravano il corpo, come una carezza fresca. Quel piccolo brivido, aveva fatto accapponare la pelle, in modo sensuale.
Finalmente avevo realizzato quell’amore impossibile, ero lì con “il mio lui”, e nessuno poteva portarmelo via. Potevo mettere in atto tutte le mie fantasie: sarebbe stato il mio schiavo e il mio maestro, il mio amante ed il mio padrone. Lo continuavo a guardare, il mio amore per lui era immenso, quasi una malattia, e io sapevo che anche lui provava lo stesso sentimento per me, la nostra non era solo eccitazione, era la passione più sconvolgente mai provata prima, eravamo un solo corpo ed un’anima.
Come è strana la vita, lui era stato il mio primo amore da adolescente, e ce ne erano stati altri poi, chi dolce, chi deciso, chi tenero, chi cattivo, chi mi aveva fatto ridere, chi piangere, tutti avevano preso qualcosa dalla mia vita, ma erano passati, erano andati via, lui invece era tornato, o meglio non era mai andato via realmente, era sempre restato ai margini pronto a consolarmi o a ricordarmi il suo amore.
E così avevo preso ad accarezzarlo, prima il volto con i capelli disordinati che gli scendevano sulla fronte, e le guance ruvide della barba ancora non rasata del mattino. E poi giù sul corpo, su quel petto forte e villoso. Avrei voluto che non cambiasse mai, che restasse sempre così immutato nel tempo. Ed ancora, nuovamente si era espressa piena la sua virilità, che gioia immensa vederlo, l’eccitazione mi stava prendendo.
Ma tutto ad un tratto, la brezza leggera ed diventato vento, aveva spalancato violentemente la finestra che urtando contro il grande specchio l’aveva fatto cadere.
Per terra in mille pezzi era finito il mio narciso amore.

 

Inviato da Anonimo il 24/05/08 @ 18:00 via WEB
Continuavo a sbuffare senza sosta per il mio triste destino in quel caldo pomeriggio d’estate. Ero intenta a ramazzare il patio della mia casa al mare quando improvvisamente, come attratta da una forza soprannaturale alzo lo sguardo verso la casa del mio vicino e il mio sguardo si posa immediatamente un uomo che mi fissa con un sorriso sornione. Lo fisso a mia volta con gli occhi sgranati pensando da quanto tempo è lì a fissarmi ma non ho tempo di formulare altri pensieri perché mi fa un cenno con la mano a mo di saluto. Imbarazzata e senza parole continuo a fissarlo senza proferire parola mentre il mio sguardo non perde alcun dettaglio di quel corpo paragonabile ad un David di Donatello. E ancora persa nelle mie elucubrazioni non mi accorgo che si è presentato ed io invece di ricambiare la cortesia scappo in casa piena di vergogna. Passano i giorni ma invece di comportarmi da buona vicina non faccio altro che evitarti e spiarti finché una mattina mentre nuotavo pigramente in piscina qualcuno bussa alla porta. Irritata afferro un asciugamano, corro ad aprire scoprendo che l’inatteso visitatore non è altri che il mio vicino. Il cuore batte forte ma questa volta riesco a proferir parola e ad invitarlo ad entrare. Ci sistemiamo in cucina a bere una coca-cola ghiacciata, chiacchieriamo del più e del meno quando senza rendercene conto scopriamo di essere anime affini. Da quel momento diventiamo inseparabili ed è una sera che mentre passeggiavamo mano nella mano sulla spiaggia ci scambiamo il nostro primo bacio dichiarandoci amore eterno. Sono innamorata come non mai e vorrei gridarlo al mondo intero…
“Tesoro, stai ancora scrivendo di noi per quel concorso on-line? Mi sento così solo in questo lettone…” chiede impaziente una voce baritonale provenire dalla camera da letto. L.A.

 

Inviato da IlCavaliereErotico il 26/05/08 @ 00:03 via WEB
Non ho più il tempo, ecco. L’ho perso. Ho perso il senso del tempo, non ho perso tempo. Non mi ricordo più da quant’è che esisto. Il perché lo so. E’ che mi sono, come dire?, innamorato di quel che produco, mi sono innamorato di voi
Ho vissuto l’inizio di tutte le storie umane. Ho fatto spalancare pupille, dilatare narici, arrossare la pelle, ansimare, fuggire e tutto in virtù di quel che gli uomini chiamano amore. Ci cascano dentro quasi tutti. Anzi, ci cascano proprio tutti! poi c’è chi fugge a gambe levate quasi subito o poco dopo, c’è invece chi ci resta intrappolato tutta la vita. Nell’amore dico. Per quel che mi riguarda, io resto solo il tempo necessario, ma con intensità e modalità diverse eh (non sia mai detto che sono monotono!), ma sempre e solo il tempo giusto (già, il tempo…), necessario a far nascere nuove e si spera, interessanti vicende umane.
Sono quel zefiro misterioso che vi soffia accanto, o quell’ultima zagaglia di luce al tramonto che s’infilza tra il cuore e l’intenzione, sono uno schiaffo di mare che batte tra la faccia e i baci, sono quelle mani che escono dalle tasche per stringere altre mani e percepirne la pelle, il calore, il profumo e sono tutti gli abbracci del mondo, gli sguardi mai lanciati nel vuoto, lo sfiorarsi del viso col viso altrui, sono la gioia di una visita, il piacere di una sorpresa e sono anche tutte le colonne sonore della vostra vita, i balli più ballati e le cene o i pranzi più gustosi, sono anche il classico panino in due; insomma non c’è niente al mondo che io non sia o non sia stato o non sarò, ed è osservandovi in me che mi sono innamorato di voi, ed è vedendovi così deboli che trovo la forza di andare avanti: cedetemi ed io mi fortifico, cedetemi ed io salgo, cedetemi ed io vivo. In me, in voi, nell’unico “per sempre” rinnovabile e senza scadenza.
Sono da tanto di quel tempo che più non lo so dire.

 

Inviato da erisette il 26/05/08 @ 22:27 via WEB
Amo i tuoi occhi, le tue labbra ed il tuo strano modo di muoverle quando qualcosa ti infastidisce. Spesso mi perdo nei tuoi occhi, senza mai riuscire a trovare la strada del ritorno. Ma non ho paura, no! Sono serena, perché so che i tuoi occhi, così dolci e sinceri mi proteggeranno sempre. Sei vicino, sei lontano, sei comunque accanto a me, sempre. Sai cogliere le mie piu’ profonde sfumature. Accetti i miei difetti e nonostante la rabbia iniziale, rispetti anche ciò che di me non ti piace e aimè, non riesco a mutare. E’ passato un anno da quel giorno. Da quel nostro primo bacio su quella vietta buia al centro di Roma. Io avevo paura, ero ancora molto schiva. Non mi fidavo, non ti credevo. Ma ti volevo, ti desideravo da giorni. Il tuo profumo rimaneva con me per ore ed ore dopo che te né andavi. Lo custodivo gelosamente nel mio cuore, fino al giorno successivo in cui ti avrei rivisto e mi sarei nuovamente inebriata di te. Ti sei avvicinato a me e mi hai preso tra le braccia. Mi hai avvolto, mi hai stretto dolcemente. Mi sentivo così vicina a te, ma non solo fisicamente. Ti ero vicina mentalmente. Quella sera in quella vietta buia al centro di Roma, ero tornata finalmente a vivere quei sentimenti che per lungo tempo avevo chiuso ermeticamente dentro il mio cuore. Erano ormai gelati da tempo, ma tu con il calore del tuo cuore li hai sciolti, li hai resi nuovamente vitali. Mi guardavi, sorridendo. Sfioravi delicatamente il mio viso, le mie labbra e poi ancora i tuoi occhi nei miei. I tuoi grandi occhi luminosi e profondi. Ricordo ancora quando le prime volte, mi cercavi tra la folla dei locali. I tuoi occhi erano come, fari nel buio. Mi abbagliavano non appena incrociavano i miei. Amavo quel bagliore, ma non avevo il coraggio di dirtelo, avevo paura…tanta. La stessa paura che avevo la sera del primo bacio, lì nella vietta buia. Tu lo avevi capito e così, mi hai preso per mano e mi hai accompagnata all’ interno del tuo cuore. Mi hai fatto esplorare i tuoi sentimenti fino alle piu’ profonde viscere. Mi hai detto “ Ti ho amata dal primo giorno che ti ho conosciuta e stringendoti la mano ti ho detto-Piacere Alessandro-“. I nostri occhi non si staccavano piu’, i nostri corpi iniziavano a respirare all’unisono. Sentivo l’adrenalina che mi saliva lungo le gambe, il busto, il petto, fino alla testa. Ero completamente drogata da quella sensazione e sapevo che tu percepivi tutto. Ci siamo baciati. E’ stato un bacio lungo, dolce e avvolgente.Le nostre labbra sembravano conoscersi da sempre. Siamo rimasti abbracciati non so nemmeno per quanto tempo. La mia testa era perfettamente aderente al tuo collo. La nascondevo in esso. “Hai un collo anatomico alla mia testa” ti dissi sottovoce, come per paura che anche il piu’ piccolo rumore, potesse rovinare quel nostro momento perfetto. “ E’ perché siamo fatti per stare insieme, lo confermano anche i nostri corpi che si intrecciano perfettamente” mi hai risposto con dolcezza. Poi silenzio e ancora silenzio. “Mi sono innamorato di te!” .

 

Inviato da Marquez36 il 31/05/08 @ 00:58 via WEB
Mi sono innamorato di te..!! Un giorno un uomo e una donna si incontrarono per caso. Lui riusci simpatico a Lei e Lei a Lui, così, di giorno in giorno, nacque la loro storia che durò per tutta la vita e, fu caratterizzata da un amore assoluto e libero, senza la minima privazione ne per l'uno ne per l'altra. C'era un segreto che univa queste due persone e che aveva permesso tutto ciò, ed è di questo che voglio parlarvi, ovvero, svelarvi. Il giorno nel quale per la prima volta i loro corpi si incontrarono, dopo aversi amato passionalmente, consumando ogn'uno la propria pelle sull'altro, mischiado i loro odori, il loro sudore, penetrandosi con lo sguardo; piuttosto che fumarsi una sigaretta o iniziare un discorso soft, Lui si alzo dal letto e prese dalla sua borsa un libro. Chiese a Lei di mettersi seduta a gambe incrociate, cosa che fece anche Lui, ritrovandosi così faccia a faccia. Lei guardava il libro con sguardo interrogativo e allora Lui glielo pose e muovendo il capo le fece segno di aprirlo. Il libro conteneva tante pagine, ma erano vuote, sopra non c'era stampato nulla. Lei rimase un pò attonita e con occhi che chiedevano spiegazioni. Lui riprese il libro e tenendolo in mano le disse: Queste pagine vorrei che le riempissimo noi, una ciascuno, senza scrivere, ma parlando, come se recitassimo a soggetto, diremo ciò che ogn'uno di noi due pensa dell'altro e di quel che ci ruoterà intorno nel nostro percorso, gioie, dolori, delusioni, mediocrità, eroismo e normalità. Non metteremo nulla su carta, ma ci diremo tutto ascoltando l'uno l'altro e solo ciò che vorremo dire. Così facendo una volta al mese i due eseguivano questo rituale. Come si era detto, si parlava di ogni cosa, dei problemi, delle sensazioni che provavano, della qualità del loro sentimento e dei suoi alti e bassi; di cosa pensava l'uno dell'altro in occasione dell' attegiamento assunto in una o in un'altra vicenda, degli amici e dei figli. Tutto. Parlavano di tutto. Come se fosse scritto, ogn'uno raccontava la sua pagina. Questo angolo di stima e di rispetto durò fino alla fine dei loro giorni, anche quando uno dei due lasciò per primo questa vita, l'altro ogni ultimo giorno del mese proseguì ad aprire il libro e recitava la sua pagina, lasciando bianca quella dell'altro, seppur per come si conoscevano avrebbe potuto recitare anche l'altra, ma non lo faceva per il rispetto di quella libertà di dire o non dire, che sempre aveva caratterizzato il loro rapporto.

 

Inviato da Writer_lady il 31/05/08 @ 01:27 via WEB
Ma non ha niente di speciale. Non potrei mai innamorarmene. Non mi piace esteticamente. Troppo magro, troppo malinconici i suoi occhi, troppo pronunciati gli zigomi. Solo le mani…sì, le mani forse. Nervose. E la voce. A parte i suoi “assolutamente…qua, assolutamente là…”. Vieni a dire “assolutamente” a una relativista / precario/effimera come me? Però non ho mai avuto il coraggio di riprendere quell’intercalare irritante. Pensavo fosse un peccato veniale. E pensavo di essere io a condurre il gioco. Che fossi io a scegliere. Ma poi il “non mi piaci” me lo ha detto lui. E mi ha spiazzato. Come? Non dovevo io partire col pedone e farti scacco? Non so. Mi ha turbato quel “non sei il mio tipo, lo saresti stato ma…”. Lo avevo scartato a priori. Perché ora invece è lì in testa…proprio quando non c’è più? Sciocca narcisista. Che credi il mondo sia lì a girare per te. Il mondo gira sempre. Anche stanotte e anche domani. A prescindere. E tu credi che le ore siano regolate su di te? Non sei Greenwich. E scoprirlo ti ha fatto innamorare. Che l’amore sia una sfida? Una ricerca di sé nell’altro? Se l’altro si nega, il sottrarsi suo ci perde. Un pezzo di noi se ne va. Persino quello che mai avremmo voluto usare e che stava come maglia stretta riposta nel cassetto. Hai visto mai dimagrissi…. Egolatra. Che hai vagheggiato un tuo riflesso nei suoi occhi e lo hai cercato nel momento esatto in cui il bagliore si trasformava nello sguardo di un’altra.

 

Inviato da eosia il 02/06/08 @ 01:01 via WEB
Quando hai respirato il mio nome nell'orecchio, dietro la vetrina di quel negozio in un vicolo di Istanbul, non pensavo fossi tanto abile a tracciare quei solchi indelebili che mi lacerano ancora. Non pensavo che uno come te, con quel fare disattento, i capelli in disordine e le labbra costantemente ironiche, riuscisse a raccogliere quelle briciole superflue della mia anima e farne pane.
Non m’importava se ormai s’era fatta sera, se stavo infrangendo le regole di una vita addobbata a memoria, se il mio abito sudato e macchiato di granita al caffe' lasciasse intendere che non fossi quella che sono.
Mangiammo sui gradini di una chiesa, con le ginocchia vicine, le mani unte d’olio fritto e il vento caldo tra i vestiti. La tua camicia sventolava come la vela di un pirata.
Quando salimmo in camera osservando la provvisorieta’ della tua vita per un attimo tornai in me: tele disseminate in ogni angolo, libri accatastati sui tappeti di giunco, un divano di percalle sbrindellato che aveva accolto chissa' quali incontri e tu, sognatore come un ragazzo con la patta rigonfia di sesso e di odori eri bellissimo. Stavo ascoltando un disco in vinile che suonava una struggente musica turca quando all'improvviso sentii dietro di me il tuo corpo, il tuo sesso audace sui glutei, il tuo profumo acre e speziato come un'onda sulla faccia, tra le gambe molli e le labbra infuocate. Rimasi con gli occhi socchiusi mentre quella melodia mi batteva nello stomaco, ondeggiando come un'amaca tra le fronde degli alberi e l'inebriante odore della natura.
Mi piegai, con i gomiti sul mobile, la faccia schiacciata sul panno impolverato vicino al disco che mi solcava l’anima, tradendo quei sensi custoditi solo per i bisogni di prima necessita': mangiare, ascoltare, guardare, annusare gli abiti della tintoria prima di indossarli, bere chardonnay quel tanto che basta per non morire di solitudine.
Mio amore, mio dolce uomo della vita, non lasciarmi!
Ricordi quando decisi di non ripartire per l'Italia? Mi prendesti come una furia davanti la vetrata del bagno spingendomi contro la vasca umida di vapore una due cento volte senza fermarti. Fu allora che ti chiesi di farmi tua per sempre e per simboleggiare l'avvenimento lavai il tuo adorabile corpo come una geisha il suo padrone.
Ricordi il tuo premio amore? Mettesti quel disco ad altissimo volume per celare ogni respiro, ogni grido d'amore che lanciavo impetuosa sul soffitto della stanza. La musica mi entrava nelle viscere, scorreva nel sangue, ed una felicita' pura e forte mi rendeva schiava.
Non lasciarmi! Sorridimi ancora con quella bocca che adoro.
Mi addormentai tra sue braccia e al risveglio sperai di aver avuto un incubo. ''Ho prenotato il tuo aereo mentre dormivi'', disse lui aprendo le persiane azzurre della camera. ''Aereo? Per la Turchia?'' Farfugliai infiammata madida di sudore. ''E per dove altrimenti? Non hai ancora smaltito lo chardonnay di ieri forse?'' Aggiunse col suo freddo sorriso.
Mi misi seduta nel letto e mi osservai allo specchio. ''Ho fatto un sogno strano'', dissi alzando il tono mentre andava nelle altre stanze. ''Di essermi innamorata di un turco e di lasciarti''. La frase uscì violenta per scalfire la sua indifferenza. ''Ed ho sognato che mi piaceva tantissimo fare sesso con lui!'' Dissi sola, nel letto. Tanto non avrebbe sentito.

 

Inviato da Anonimo il 02/06/08 @ 19:00 via WEB
Ti osservo mentre ti pettini con la spazzola, davanti allo specchio, con movimenti lenti che galleggiano lungo i tuoi capelli. Ti soffermi per un istante, indugiando su quelli che si sono intrecciati e poi riprendi a scendere, scivolando su quella morbidezza che ho imparato a coccolare. Sulle spalle fanno un’onda che rimbalza leggera, per fluttuare delicata come se fosse una nuvola che ti circonda. Corrucci per un istante la fronte per esaminare qualcosa che da qui non riesco a vedere, ma che deve essere talmente piccolo ed insignificante che se anche fossi li vicino, non riuscirei a considerare importante, davanti a tanto splendore. Sei bellissima. Dal primo giorno in cui ti ho notata, ho provato emozioni che non pensavo neppure esistessero, figuriamoci se pensavo che le avrei provate proprio io. Io, con il mio passato di solitudine, di storie sfortunate, di amori finiti prima ancora di sbocciare. Per colpa mia, sicuramente. Ma forse non del tutto. Chissà, pensandoci bene, forse non è stata solo colpa mia. Le altre non avevano capito che non cercavo cose eclatanti o semplici avventure da sabato sera. Cercavo qualcosa di vero, che potesse completarmi, arricchirmi la vita, la giornata, la sera e darmi la forza e l’entusiasmo di affrontare le miserie e le difficoltà che avevo la sensazione volessero correre solo dietro a me. Ero stanco di velare i colori con un grigio soffocante e di non avere la speranza di abbracciare qualcuno fino a sentirne il battito del cuore. Lo sai che i miei amici non sanno ancora niente di te? Non ho avuto il coraggio di dirglielo. Ho paura di risvegliarmi da un sogno e di ritrovarmi solo come prima. Come potrei tornare da loro e spiegare che mi ero illuso? Come potrei dire loro che si, c’era una ragazza bellissima, ma poi se ne è andata? Non riuscirei a sopportare i loro sguardi. E poi non riuscirei più a trascorrere le ore a guardare il mondo attraverso i vetri con la sensazione di patire il tempo che fugge via. Ti osservo mentre ti pettini e rubo gli sguardi dei tuoi occhi riflessi, mentre il mio cuore grida che mi sono innamorato di te. Quella spazzola è come la mia mano, ti accarezza senza stancarsi mai di tornare al punto di partenza. Alessandro F.

 

Inviato da carpediem56maestral0 il 02/06/08 @ 19:36 via WEB
Solo un piccolo grande amore… - La comitiva si riuniva sulla spiaggia verso le sette di sera e rimaneva lì,a far collezione di tramonti, fino all’ora di cena. Tullio,il cugino di Chiara,entrò a farne parte che la stagione era già inoltrata. Veniva da Roma e aveva fatto il viaggio in sella alla sua Honda 750. Con Sara fu antipatia a prima vista,rapida ed immotivata. Lei pensò che lui se la tirasse troppo,lui che lei si dava delle arie eccessive. L’avvicinamento fu dunque lento,graduale.E si caratterizzò, soprattutto, per quel lieve e dolce prendersi in giro,alla ricerca di conferme dell’interesse reciproco. Quando oramai era palese che bastava solo sfiorarsi perché incredibili reazioni chimiche avessero luogo,Tullio ruppe gli indugi e le chiese di uscire.Lei accettò. Cominciarono così due settimane di quelle che avrebbero ricordato nell’intimità della propria anima,allorquando avessero voluto soffrire un pò. Dolci baci,prima timidi e romantici poi sempre più appassionati e folli corse in moto,nell’aria tiepida di quel settembre adolescente. Lei riportò persino la più classica delle bruciature da tubo di scappamento su di un polpaccio e la mostrò in giro orgogliosa,come un segno di appartenenza. Lui le disse che mai aveva provato una attrazione così forte per le altre ragazze e lei sapeva che non mentiva,perché il suo stesso corpo era fonte di continuo stupore. Il pomeriggio prima della separazione,nuvoloni neri e pioggia scandirono il loro addio,costringendoli a trovare rifugio in una grotta sul mare. Un pubblico ululante di onde scarmigliate suggellò,dunque,i loro giuramenti d’amore. Nei giorni successivi lei quasi non toccò cibo e la notte,stesa a pancia in su,ripescò infinite volte il ricordo di quei baci. Durante l’inverno si scrissero una miriade di lettere:appassionate,romantiche,stucchevoli,retoriche ed immortali. Lei intuì che,così come nella sua esistenza,altri amori erano entrati in quella di Tullio,ma non per questo sentì venir meno il legame speciale che li univa. Fu dunque sorprendente quello che accadde di li a pochi mesi,allorquando,una sera di aprile,Sara se lo trovò davanti all’improvviso,all’uscita dalla lezione di scuola guida. Lei era insieme alle sue amiche e rideva inconsapevole,nell’aria fredda. Quasi non lo riconobbe nella versione invernale. Incredibilmente,invece del tuffo al cuore per la piacevole sorpresa,fu invasa da irritazione e sconcerto.Scambiarono poche parole ingessate mentre,in disparte,le amiche aspettavano incuriosite,poi lei gli disse che doveva tornare a casa e lui la informò che si sarebbe fermato solo due giorni. Nelle ore successive,al telefono,Sara si giustificò dicendo di non riuscire a trovare una scusa per allontanarsi da casa mentre,la voglia di scappare via turandosi le orecchie,era sempre più pressante. Tullio stentava a comprendere cosa stesse succedendo,dove avesse sbagliato,chi era la ragazza di ghiaccio che taceva dall’altro lato del telefono. Non si incontrarono più, né quella volta né mai. Sara non capì mai il perché della sua crudeltà.Tullio avverte un dolore sordo quando capita che ripensi a lei.
(Sapessi quanto ci ho dovuto lavorare di pialla e di sega...Sapessi quante cose inutili e superflue e ridondanti ho trovato...Sapessi quanto mi serve avere dei "limiti"...Sapessi...)

 

Inviato da Anonimo il 03/06/08 @ 10:58 via WEB
Avevo 13 anni, e la vita portava via tristemente i miei giorni racchiuso in un seminario. Lontano da tutti, da amici, famiglia e genitori, e di tutti ci si dimentica così in fretta quasi non potessimo contare su di loro per diventare grandi. Ciò che fuori da quelle mura accade non è importante. Non c’era la televisione e nemmeno la radio per ascoltare la musica e le canzoni. Sembriamo rinchiusi in un castello in mezzo al deserto, e nulla può influenzare quello che siamo e pensiamo. Forse, è stata l’unica volta in vita mia ad aver vissuto la mia vita non per eguagliare qualcuno amici, compagnie, o le cose da grandi, ma dettate solo da ciò che eravamo e da quello che ci diceva il nostro cuore. Non ci sono giochi tra grandi da simulare. Ne gare rombanti su chi è il primo che saprà cosa vuol dire amare. In un luogo così lontano, isolato dal mondo intero, in cui mi sento prigioniero, e lontano da tutto ciò che è vero. Alla fine dell’anno, mentre frequentavo la 3^ media in quel castello isolato, un’idea innovativa comincia a sorvolare le grandi menti che su di noi hanno ogni e più ampio potere. Organizzare la partita di calcio come sfida tra i seminaristi e la classe 3° della scuola del vicino paese. Come d’incanto quella domenica mattina di primavera, tra i tanti calciatori ad entrare in seminario per la sfida del secolo, nascosta tra le righe di così tanta gente nuova sconosciuta e mai vista prima, un viso dolce si distingue tra tutti e ne resto incantato. Una ragazza bella, della mia stessa età, capelli ricci e biondi, occhi grandi e dolci. E la partita diventa un lontano pensiero. Come un raggio di sole in quella buia cella grigia era apparsa lei, così bella ed allegra, un sogno di primavera. Tutti si dirigono al campo da calcio, gli spettatori si accomodano sugli spalti. Io, il solito incompreso, mi allontano da tutti e comincio a palleggiare da solo sul vicino campo di pallacanestro. Avrei voluto che lei fosse li con me, per giocare assieme, parlare, o forse anche solo poterla guardare. E così avvolto nei miei sogni e pensieri, un tiro, sbaglio, un altro ancora e niente da fare. Da dietro un’albero, nascosta dalle foglie dei rami, compare lei e con voce dolce e sorridente mi chiede ‘Posso giocare?’. E’ stata la prima volta che il mio cuore sembrava aver udito la voce di un angelo ed ha cominciato a battere così forte che quasi potevo sentirlo cantare. Abbiamo giocato assieme, abbiamo parlato, abbiamo sorriso, giocato, e ci siamo innamorati. E’ stata la prima volta in vita mia e mai la potrò dimenticare. Non solo per quei brividi che la sua presenza mi ha regalato, ma anche per il mese di punizione inflittomi dai miei tutori quando il giorno dopo lei mi è venuta a cercare. Chissà dov’è e se mai la potrò riabbracciare. Chissà se quei grandi che dominavano le nostre menti e pensieri, si sono accorti che le mura di quel castello, e nemmeno qui 25 anni trascorsi da allora, possono cancellare quei momenti vissuti con lei, i nostri sogni e desideri. ALGORI

 

Inviato da lauro_58 il 03/06/08 @ 15:43 via WEB
Io e te sulla cresta del tempo
Io la chiamavo porporina magica; è quella che resta attaccata ai pospastrelli quando catturi una
farfalla per le ali intenta a svolazzare tra i fiori.
Ero convinto ne fosse piena la corolla, spesso gialla come l'oro o come il sole e per questo magica.
Pensavo fosse per quello che volassero ed allora pulivo le dita imporporate con la lingua sicuro che prima o poi avrei volato anch'io.
La sera poi quando la luce si spegneva ed i colori andavano via, loro si trasformavano in lucciole.
Credevo che la luce intermittente le aiutasse a cercare i fiori … portatori di fragranze,
vestiti di petali col centro giallo prezioso pronto a trasformarsi in porporina magica al contatto.
Ma nessuna corolla dischiusa attende le lucciole di notte!
Quando ti conobbi eri lucciola, alla ricerca della magia che accendesse la luce e aprisse le tue ali.
Io avrei potuto essere il tuo fiore, non sapevo come schiudere la corolla e donarti ciò che conteneva,
ma avrei voluto essere il tuo fiore. Mi tratteneva l'incertezza; quella di non essere per te quello che tu eri per me.
Una sera al chiarore tra l'intenso ed il soffuso del lampione sotto il quale stavamo parlando,
ripensai però a quelle mie convinzioni giovanili e te le confidai. Ridesti divertita dicendo che il pericolo era di "scambiare lucciole per lanterne" … dicesti proprio così.
Aggrappato ad un filo di voce continuai:
"Tu come ti senti ? "
"Quando sono con te leggera …"
"E' gia qualcosa, allora potresti riuscire a volare."
"Ma dai ti prego … "
"Non ci credi ?"
"Certo che no !!"
fu la tua risposta … io sorrisi, poi ti sfidai.
"Gli occhi più di guardare non possono il resto ce lo mette il cuore, baciami. Io ho assaggiato quella polvere, baciami e diventerai farfalla."
Lo feci io senza indugi; come un battito d'ali colorate poggiai le mie labbra sulle tue.
La luce vigile ed educata partiva intensa dal ricurvo e si diffondeva a cono verso il basso illuminando tutto ciò che poteva contenere,
poi amica e ruffiana sfumava soffusa concedendo fiochi bagliori di intimità a quello che sostava attorno.
Noi ci stavamo sotto mentre ci baciavamo, a me sembrò un lungo volo dove tutto è soltanto sfondo e tu l'unica cosa a colori in un mondo in bianco e nero.
Sulla cresta del tempo per me non esisteva più nulla.
Da allora abbiamo imparato a volare insieme, anche se è notte e magari piove.
Il tempo delle farfalle, dei fiori e delle lucciole è lontano ma quando ci baciamo è come se il cuore ci abitasse nella testa e la pioggia non trasforma la terra di cui siamo fatti in fango ma in creta da plasmare, uno con l'altra assieme al vento, al sole, ai fiori; e così i giorni non scorrono mai pigiati dall'immediatezza del vivere in superficie.
Perché prima di baciarci, aggrappati ad un filo di voce è come se ci dicessimo …
"Tu come ti senti ? "
"Quando sono con te leggera …"
"Allora puoi anche volare."
"Assieme a te si."
"Dammi la mano e chiudi gli occhi"
"Dove andiamo ?"
"Dove non serve sognare!"



Inviato da BobSaintClair il 05/06/08 @ 00:15 via WEB
Ciao a tutti! Ecco la mia prova!//\\ Titolo: All'improvviso volarono. ///\\\ Era ad una festa di compleanno, la sua vita filava liscia come una palla da bowling che scorre veloce verso il castello dei birilli per fare strike. Marta era ben educata, istruita e predestinata a un matrimonio di casta col rampollo dei Van Vitelloski, rinomata famiglia di avvocati e politici. Era felice di essere a quella festa. Annina aveva organizzato il suo 18° compleanno sul terrazzo del suo grazioso condominio; i preparativi erano stati un pò frettolosi, ma nonostante tutto si stava bene all'aria aperta, una brezza calda si spargeva sui colbacchi degli invitati, un solo faro illuminava l’entrata dove splendeva un invitante buffet e la luce scemava man mano che ci si allontanava. Marta era una biondina attraente e simpatica, mai perfida con gli amici. L'amore non era entrato ancora nella sua vita e gli uomini erano stati per lo più oggetto delle sue stravaganze e dei suoi scherzi; quindi tutto ciò che raccontavano le sue amiche o che aveva letto, le sembrava roba da feuilleton. E così, mentre sciocchineggiava di qua e di là pavoneggiandosi come una divetta inconsapevolmente protetta dal guscio di amici e parenti, all’improvviso si imbattè per sbaglio nelle braccia di Bob. Un urto violento causato dalla distrazione di entrambi. Bob attutì quel corpo estraneo con tutto se stesso, lasciando cascare il piatto appena riempito al buffet. Marta si sentì subito avviluppata da quelle braccia e persa al contatto di quel corpo caldo e imponente, come se gli fosse subito entrato nell'anima. Lui istintivamente aveva quasi cercato in quel brevissimo spazio di tempo di trattenerla per le fragili e profumate spalle in quella goffa posizione. Sensazioni nette e vivide che da quel momento, per tutto il tempo della festa, si fissarono nei due ignari, baciati da Cupido. Tutto adesso era pervaso da un’aria sognante, Bob si sentiva un ragazzino tra i ragazzini, il suo cuore palpitava; Marta, stava già introiettando quelle sensazioni che ubbidivano a leggi ancestrali mentre un fiume naturale cominciava a fluire in lei; finalmente si sentiva donna. Intanto Bob, amico dei genitori di Annina, era imbrigliato nella sua rete di rimuginii sociali e non si spiegava come potesse sentirsi così turbato da quel piccolo evento; si sentiva minacciato dal crollo repentino delle sue certezze o come quei mostri che mangiano bambini, un orco ecco! Tra l’altro si stava per sposare con Ulla, quella cara donna finnica che tanto aveva corteggiato e cui era pronto a donare il suo seme per dare un continuo alla sua stirpe. Doveva razionalizzare e capire…Ma guardava Marta ed era come trasformarsi da bruco in farfalla. Forse per questo quando lei lo aveva preso per mano chiedendogli “Hai la macchina?”, lui era subito volato via e con la sua decappottabile rossa l’aveva portata in un soffio in Piazza di Spagna, dove si erano baciati a lungo e dolcemente ai piedi della fontana, in quella magica città che si chiama Roma e si legge Amor.

 

Inviato da kremuzio il 05/06/08 @ 16:00 via WEB – fuori concorso
Fiocco rosa. Ti vedo tutti i giorni, al giardinetto. Sei seduta da una parte, ad osservare i piccioni che becchettano tra i sassolini alla ricerca di briciole o qualche altro boccone più invitante. Ti vedo sempre ben pettinata, arrivare da lontano con la tua andatura bella, morbida, calma. E poi quando guardi i bambini, capisco che sei anche buona, e che nei momenti in cui anche tu ti unisci a loro per giocare, stai sempre attenta a non far loro male. Forse è l’istinto materno o solo una gran voglia che hai di dar loro affetto. Ogni tanto i nostri occhi si incontrano e si fissano a lungo, e vedo la tua bocca che si socchiude per respirare meglio, come la mia dopotutto, ma poi ti chiamano e te ne devi andare. E' così tutti i giorni, praticamente, anche quando piove, ma non troppo. Ed aspetto tutta la giornata quel momento quando ti vedrò, silenziosa, ad annusare i fiori e sfiorarli con la tua bocca. Oggi avevi un fiocco rosa tra i capelli, ed una collana con il tuo nome che intorno al tuo collo ondeggiava ad ogni piccolo movimento. Ho deciso… stasera devo dirti quanto ti amo, devo terminare questa attesa assurda e questo scambio di sguardi che non porta ad altro che a farmi soffrire. E devo sapere se anche tu provi lo stesso mio sentimento. Ti aspetto nascosto dietro un albero e sto ben attento che tu non ti accorga di me. Ora scorgo la tua silhouette farsi sempre più vicina. Ti apparti per un attimo, ed io in silenzio ti seguo. Annuso la tua traccia calda subito dopo che tu l’abbia prodotta, e capisco che è il momento buono. Corro verso di te nello stesso momento in cui la tua padroncina scioglie il guinzaglio. Tu ora mi vedi e mi vieni incontro. Ci fermiamo per un attimo uno di fronte all’altra. Lo sguardo non dice niente di più di quanto i nostri nasi non percepiscano. Il tuo muso ha un buon sapore mentre lo lecco. Tu, ferma. Io mi sposto dietro di te e capisco che il mio futuro sei tu. Sei buona ed il momento è quello giusto. Anche tu lo sai, e scappiamo via correndo con la lingua fuori, via via sempre più lontano. La tua padrona ti chiama, urla, piange… Dicono che sono un bastardo, ma io mi sono innamorato. Non ho padroni se non il mio cuore, e so che tu farai nascere i miei figli che forse non conoscerò mai, ma saranno al sicuro. Di te oggi ho solo come ricordo quel fiocco rosa che ho nascosto sotto le radici del vecchio albero. Lo annuso quando mi sento solo, e mi ricordo di quel momento magico, quel giorno, e ti penso e mi sembra ti sentirti sotto di me, calda e profumata. Tu, unico amore. Fino ad oggi.

 

Inviato da Anonimo il 06/06/08 @ 17:23 via WEB
INNAMORARSI “ A che età hai fatto l’amore la tua prima volta? ” “Tredici anni, avevo tredici anni” “Eri innamorata oppure...” “ No, non ero innamorata, volevo essere uguale alle mie amiche che mi prendevano in giro perché ero ancora vergine, non mi ricordo neppure il nome del ragazzo con il quale ho fatto l’amore.” L’intervista continua, ma io non ascolto più. Guardo gli occhi ed il volto di quella bambina. I capelli sono biondi e lunghi, come lo erano i miei quando avevo la sua età. Ritorno indietro negli anni e confronto la mia realtà con la loro. Mi piace ascoltarli. Sono immersa nel mondo di oggi così difficile e complesso, ma quelle parole mi fanno stringere il cuore. Vorrei regalarle la mia prima volta. Forse riuscirei a farle sentire quello che ho provato allora. La mia tenerezza, la mia passione e come era importante il mio desiderio. Non avevo tredici anni, ero adulta e consapevole certa del mio amore e quell’istante si è ripetuto nel tempo, mi ha coinvolto l’anima ed il corpo. L’innamoramento é stato totale, la voglia di vederlo ogni giorno, di stare con lui la gioia intensa simile al dolore, la certezza simile al dubbio e la speranza che tutto continui ora come allora. “Cosa stai guardando e perché piangi? Va bene che non ci vuole molto per commuoverti, sei sempre pronta.” “Sto vivendo insieme a quella bambina il racconto di una “prima volta”, diversa dalla nostra, senza la voglia di viverla ancora e di costruire una storia.” “Il tempo non é più lo stesso. Sono trascorsi anni che hanno cambiato tutto, non cercare di riconoscerti in loro, non sarebbe possibile: saresti delusa e deluderesti, siamo così lontani. Ai nostri figli ci può unire solo l’amore” Abbiamo combattuto le nostre battaglie e superato mille ostacoli fragili e forti, proprio come loro, ma il nostro innamoramento non si é ancora spento e con il tempo si è trasformato in vero amore. Maria Grazia Cardelli Lenzi

 

Inviato da Anonimo il 06/06/08 @ 17:25 via WEB
“Campo lungo” «Ancora un’ora...madonna...ma questo...dente» Si avvicina allo specchio e solleva il labbro verso l’alto, ci passa la lingua. «Sì cavolo é cariato» Porta la mano davanti alla bocca, ci soffia forte e odora il suo respiro. «...Nnno...non mi sembra di avere l’alito cattivo.» Riprova. «No...decisamente no!» Mette un po’ di dentifricio sul dito che passa poi sui denti, dell’acqua sul palmo delle mani e la porta alla bocca. Fa un gargarismo guarda di nuovo l’orologio. «E’ ancora presto...che faccio metto un po’ di gel sui capelli? Meglio di no, magari non le piacciono...ma così mi stanno male...meglio il gel.» Cosparge il dopo barba ed avverte un buon odore di menta. «E il profumo? Certo che metto anche il profumo. Therre D’ hermès...cavolo costa un tonfo» Di nuovo l’orologio. «Magari non verrà neppure...» Due occhi verdi si sovrappongono ai suoi. Poi una cascata di capelli biondi e le sue labbra! Quanti sogni su quelle labbra; senza volerlo avverte il desiderio di lei e si da dello sciocco. «Maglietta attillata o camicia? Maglietta. Si pavoneggia soddisfatto...Oddio, se non mi muovo faccio tardi.» Torna in bagno, un’ultima occhiata dentro lo specchio ed esce. L’auto è parcheggiata sul lato sinistro della strada, c’è un traffico boia e non riesce ad immettersi nel flusso. Batte il polpastrelli sul volante «...mai uno che ti faccia passare.» Il semaforo é rosso ma c’è ancora la fila che però sta diradando.Il tempo passa. «E muoviti...» Riesce ad infilarsi ma il traffico é troppo lento. Picchia le mani sul volante. Guarda l’orologio. «Oddio faccio tardi...» Batte i piedi sul tappetino. «Ma chi te l’ ha data la patente.» Strombazza; mancano ancora cinque minuti e il traffico é bloccato. «Nooo...un incidente...boia, boia, boia...è un mese che attendo questo momento e che ti va a succedere? Un incidente che ti blocca la strada...Finisce che se ne va.» Ancora quegli occhi verdi, quella cascata di capelli, le labbra morbide, due ragazzi che corrono tenendosi per mano, che suonano i campanelli e scappano, che si baciano incuranti della gente. Sogni! «...Aspettami...non andartene» Squilla il cellulare...guarda nel visore. «Siiii ...é lei!..» «Pronto!...come dici?...no...ancora pochi minuti ed arrivo...ho trovato un traffico della madonna...ah capisco. Anche tu per L’incidente?...no? beh pazienza, magari domani ok?...No...neppure domani?...ma...allora...» Non si é accorto di essersi fermato e mentre dietro é tutto uno strombazzare, davanti a lui c’ é di nuovo la cascata di capelli biondi, gli occhi verdi e labbra carnose... Campo lungo. L’immagine diventa sempre più piccina; un dolore allo stomaco che si fa sempre più forte. Scende e prende a calci la carrozzeria. Due ragazzi si stanno dando il loro primo bacio; lei per un istante apre un occhio ma subito lo richiude. Anche lui ha aperto un occhio e scrollato le spalle. La stringe, sono un corpo solo, respirano il loro profumo, il sapore dell’altro. Chi se ne frega di quel pazzo. 5Maggio 2008 Romano Lenzi

 

Inviato da Crepuscolando il 07/06/08 @ 09:47 via WEB
La prima campanella del nuovo anno scolastico suona. I volti sono ancora un po’ abbronzati, l’atmosfera è eccitante, ormai ci si conosce, si è insieme da due anni già.. Prima liceo, sedici anni. Arriva il nuovo professore di latino e greco, quest’anno sono tutti nuovi, bisognerà ricominciare daccapo, farsi conoscere, in aula c’è tensione, il prof è di quelli antichi, storici, che danno del lei agli studenti. Bussano alla porta, il bidello introduce un nuovo allievo, viene da Milano. Subito è curiosità, eccitazione, il poveraccio si ritrova con gli occhi di ventidue coetanei puntati contro che lo scrutano, mentre le ragazze non trovano di meglio da fare che divertirsi tutta l’ora a fissarlo ed a ridacchiare. Ma lui, capelli scarmigliati e sorriso aperto, non si lascia certo intimidire. Il responso è unanime da parte delle ragazze: soggetto non interessante, faccetta da bambino cresciuto, innocuo. Si passa oltre. Ma qualcosa di quello sguardo e di quei capelli e di quel sorriso deve aver colpito lei, la più brava della classe, ma non secchiona, corteggiatissima, ma ritenuta “difficile”, perché diceva di no a tutti. Anche lui si dà un’occhiata intorno e comincia un non-corteggiamento, fatto di chiacchierate e di appuntamenti saltati, di feste in casa e di passeggiate in treno, di domeniche da soli passate ad ascoltare musica con le parole delle canzoni che tracciavano la trama di quei giorni: “…dove Nietzsche e Marx si davano la mano e parlavano piano dell’ultima festa e del vestito buono nuovo fatto apposta…”…” Buona domenica, davanti alla televisione, con quei cretini che ti guardano e che continuano a giocare…”…”Quindici anni, quindici anni, quindici anni, poesia di un’età che non ritorna…”…”Sara, svegliati è primavera…Le tue amiche, dai retta a me lasciale tutte parlare…” Maggio 78, assemblea studentesca, tutto il liceo in subbuglio, è stato ritrovato il corpo di Moro. Ci si sente protagonisti di un avvenimento storico, si avverte l’esigenza di fare qualcosa di dire,di… Ma lui le si è seduto affianco e distrattamente le fa scorrere un dito sul braccio. Non c’è più assemblea, non c’è più folla non ci sono più parole. Una magica bolla li ha racchiusi, un silenzio meraviglioso li ha intrappolati per sempre, solo occhi che cercano occhi, brividi sulla pelle e stomaco in subbuglio. L’inizio di un amore, infinito, nato con corse in vespa e capelli al vento, baci rubati ovunque e sgridate prese un po’ dappertutto; ma ci si dimenticava dove ci si trovava, colpa della bolla che li accompagnava sempre, e che ancora non scoppia…

 

Inviato da EvolutionMoka il 07/06/08 @ 12:42 via WEB
Ciao Elliy, questo è il mio racconto. Spero piaccia... L'ATTESA Arrivò la guerra e Andrea fu chiamato per servire la propria nazione. Le sue mani si staccarono dalle mani di Agnese, la sua giovane sposa. Baciò le sue labbra prima di andare via e gli accarezzò il viso fresco bagnato dalle lacrime. "Aspettami perchè ritornerò amore mio". Agnese uscì fuori dalla porta della loro casetta modesta ancora in lacrime e lo vide sparire nella nebbia della campagna insieme ad altri compagni di sventura destinati a qualcosa a cui non avevano deciso loro di partecipare. La guerra non è solo sul campo di battaglia, ma porta le sue contaminazioni d'orrore in ogni luogo. Furono anni di bombardamenti, di fame e povertà, di giorni in bianco e nero, di speranze flebili come respiri. Agnese rimase ogni giorno seduta davanti alla porta a guardare la campagna, sola. La sua bellezza lentamente sfioriva, ma la guerra fa anche invecchiare, fuori e dentro. Agnese ripensava al loro innamoramento. Lei allora era ancora così giovane ed acerba. Si piacevano e questo si poteva leggere nei loro sguardi. Passarono mesi prima che potessero finalmente passare un po’ di tempo insieme: una passeggiata breve mano nella mano dopo la messa domenicale. Andrea le disse “Mi sono innamorato di te”. Agnese arrossì e sorrise. Un sorriso che significava che per lei era la stessa identica cosa. Seguì il fidanzamento e poi il matrimonio. Sembrava l’inizio di una vita felice insieme ed invece… Poi la guerra finì. L'erba tornò ad essere verde e viva e non grigia di macerie, i torrenti tornarono a scorrere d'acqua cristallina e non più di rosso sangue, l'aria tornò a profumare di vita e non più di piombo. I bambini tornarono a ridere, la gente a piangere di felicità e a cantare. Agnese era ancora lì ad aspettare in silenzio, con lo sguardo perso nella campagna. Qualcuno ritornò, invecchiato e irriconoscibile, ma non Andrea. Passarono ancora anni e lei era sempre lì. Per tutti gli abitanti del villaggio era Agnese la vedova bianca, una donna impazzita per via del marito ucciso in guerra che ancora sperava nel suo ritorno. Tutti comunque rispettavano il suo non volere accettare la realtà, la capivano. La guerra toglie tante persone care senza un valido motivo e non è facile accettarlo. Un giorno gli occhi ormai grigi di Agnese, però di colpo si ravvivarono. Nella campagna c'era una figura che si avvicinava. I lineamenti erano famigliari. Poi di colpo vide il viso, era Andrea, era esattamente bello e giovane come nel momento in cui lo vide partire. Corse verso di lui, lo abbracciò e lo baciò piangendo dalla felicità. Si vide riflessa negli occhi di lui e anche lei era bella e giovane come quel brutto giorno in cui se ne andò. Andrea le disse: "Ti avevo detto di aspettarmi". Poi l'abbracciò e i baci sembrarono eterni, anzi lo furono. “Anch’io mi sono innamorata di te” disse lei. Trovarono Agnese morta di vecchiaia quel giorno, ancora seduta su una sedia fuori dalla porta della casetta. Trovarono la vedova bianca nello stesso posto e nella stessa posizione di tutti i giorni. non la trovarono triste come al solito, ma con un sorrise felice che le solcava il viso.

 

 

Inviato da altro_che_mela il 07/06/08 @ 12:46 via WEB
questo è il mio racconto, l'ho pubblicato anche sul mio blog, buona giornata :-) ======== Davanti all'edicola, sette del mattino: con una mano tendo le monete all'edicolante, con l'altra afferro il plico di giornali e la mia rivista preferita AD. E l'edicolante mi fa cenno: signora, ascolti quel signore per favore. "Sì, mi dica" pongo la domanda. "Mi scusi, ho sbagliato a salire sul treno, invece che direzione Milano, ho preso direzione Venezia, sovrapensiero. Sono sceso qui appena accorto, ma ora devo ritornare in stazione". Mi accompagna? " . Comeeee? ...'cchio, io devo essere dal notaio alle otto e non ho dormito e non ho preso un caffè e AD almeno da sfogliare! Lo informo: "Mezz'ora per la stazione a quest'ora, sa" e lo fisso negli occhi. Che occhi, i suoi. Ma che veda la disperazione nei miei. Come io vedo la sua. Ma la mia voce disarticolata e sconsolata nulla può a fronte della sua disperazione. Saliamo in auto. Al volante cambio percorso e mi butto per strade di campagna, meno trafficate. "Sono prof di fisica nucleare all'università di…..Ieri qui ad un convegno, oggi a Milano. Sono disorientato. Mi scuso. Ma che bei paesaggi, vuol farmi conoscere la sua terra?" Spiritoso. Gli allungo uno sguardo d’insieme: uhmmmmm, non male, merita. Merita proprio. Ma quello sguardo, quegli occhi....'cchio, nooooo, no e no. That's impossible, sussurra la ragione. Ma il cuore parla: "ma tu sei Pierre? " "sì, io sono Pierre" "E io, Nicole. Ricordi?" Distratto sì, ma ricorda. Amori perduti? No, uno solo, lui. Perduto. Perduto nella scienza. Partito per il mondo dimenticandosi l'appuntamento per scegliere la nostra casa. Gli preciso: "Dopo un anno di 'una lettera al giorno', hai sbagliato a salire sul treno. Anche allora". "Perbacco, ma davvero?" mi risponde incredulo. "Lo strozzo adesso o lo faccio morire lentamente? " mi aizzo. Inchiodo l'auto. Resto in silenzio. "Potrei raccontarti mille storie – mi sussurra – e te le racconterei, ma ti basta per potermi amare ora e ancora?" ...'cchio, ma c'è o ci fa? ma non si dice 'ti amo' e basta? E che senso ha dirlo ora? Allungo lo sguardo sull'asfalto, stritolo il volante, sento gorgogliare il caffè amaro che non ho preso. Lo sento vicinissimo a parlarmi, a ridere.....tseeee!, a divorarmi con gli occhi. Avverto ciò che lui si aspetta di sentirmi sussurrare "sì, potrei amarti". Non parlo, ma tendo l'orecchio del cuore. Voglio sentire se Pierre ha i sintomi dell'innamoramento: è farfugliante? si confonde? (che domanda, Nicole!) ha gli occhi umidi? ha le labbra secche? ha due mani di troppo? ha i pungiglioni sotto il sedere? non ha più il treno che lo aspetta? il paesaggio è uno schifo? il convegno può andare a rotoli? sì? Non gli chiedo nulla, ma son disposta a pagare per sapere. Mi legge nel pensiero, perché sussurra: "sì, rinuncio a qualsiasi cosa per te". In fondo son trascorsi 'solo' vent'anni…c'è ancora tempo per assaporare ebbrezza, frenesia, pienezza; c'è ancora tempo per creare complicità; c'è ancora tutto il tempo, ora, "ora che mi sono re-innamorata di te".

 

Inviato da Basta_una_scintilla il 07/06/08 @ 20:46 via WEB
"Il palloncino" <br<> In sella alla sua moto, la testa dolente e gli occhi pieni di pianto, Sara aveva lasciato per qualche ora che il pallido sole scaldasse il giubbotto nell’aria tiepida del pomeriggio, osservando lungo la strada, addolcita da curve sinuose fin quasi in Svizzera, scorrere il lago da un lato e, dall’altro, vecchie ville d’epoca, verdi giardini dipinti di camelie, rododendri, cespugli di azalee dalle dimensioni uniche e dalle mille sfumature, ortensie, aceri e magnolie. Tutto intorno colline e, in fondo, montagne ancora innevate sulle cime.<br<> Al ritorno, giunta a Stresa, posteggiò all’imbarcadero e si recò sulla piccola spiaggia, dinnanzi alle isole. Proprio li aveva incontrato Davide la prima volta e nello stesso luogo ora aveva avuto l’esigenza di tornare, come per un ultimo saluto. Poca gente in giro, evento anomalo per la stagione. Meglio così, aveva bisogno di riflettere, non di rumore; la voce del lago, sommessa nello sciabordio delle barche attraccate al molo ed il canto sottile delle onde che si infrangevano sui sassi, erano la giusta e melanconica melodia necessaria a lei, come unica compagna, in quel momento.<br<> Sul vecchio molo di legno un bimbo, di non più di due anni, trotterellava incerto tenendo nelle mani un palloncino colorato a forma di coniglio e gorgheggiando felice. All’improvviso un lieve soffio di vento ed il balocco sfuggì alla presa incerta, librandosi nell’aria. Il sorriso gioioso si trasformò all’istante in un pianto disperato, troppo simile al dolore vero per una creatura tanto piccina. <br<> Sara bloccò l’istinto di correre verso il bimbo e stringerlo in un abbraccio consolatore. Rimase a guardare. Forse quell’animaletto coloratissimo, pieno di elio, aveva sentito il pianto, magari anche lui era felice e, se avesse potuto scegliere, sarebbe rimasto ancorato a quelle mani, pensò, o avrebbe valutato l’idea di poter volare a mezz’aria, restando a disposizione di nuove piccole mani pronte ad afferrarlo; non era possibile e, silenzioso, non aveva avuto altra scelta che solcare le acque leggermente increspate, sempre più in alto. <br<> Sara continuò a fissare il piccolo punto colorato finché non scomparve, e capì perché si era innamorata di Davide, planando verso quell’amore che, sapeva, avrebbe potuto farle del male; perché, come il palloncino, non sarebbe stata in grado di evitare di seguire la propria natura. <br<> Sorrise al lago, le cui acque cominciavano a divenire troppo plumbee, come a riflettere non solo le nubi in arrivo ma anche quel dolore cupo che le teneva compagnia negli ultimi giorni, sorrise a Davide, sapendo che sarebbe riuscita a stargli lontana, come lui aveva voluto, ma, conscia che la luce vivida e colorata che aveva riempito il suo cuore avrebbe impiegato molto più tempo ad affievolirsi di quanto non avesse impiegato il palloncino a svanire ai suoi occhi.<br<> Nuove gocce di pioggia. Era giunta l’ora di tornare a casa.<br<> Grazie Elly! Un sorriso - Micky

 

Inviato da dimanto70 il 08/06/08 @ 22:39 via WEB
E’ stato il bagliore dei tuoi occhi d’ambra a farmi comprendere le parole di Rosa. “Sei un sole dietro le nuvole. Nascondono il tuo essere” mi disse porgendomi un pacchetto. Conteneva un sole d’oro smaltato d’arancio. E’ stata l’ultima volta che l’ho vista. L’avevo conosciuta in inverno, a casa di amici. Era più grande di me di alcuni anni, capelli corti, occhi spenti. Si instaurò subito un buon feeling fra noi. Il mio essere buffona di corte aveva contagiato anche lei. Condividevamo due grandi passioni: la cioccolata e lo yogurt. Trascorrevamo molto del nostro tempo libero insieme ad escogitare sempre nuove diavolerie per divertirci. Io diciottenne, esuberante, alla costante ricerca del principe azzurro a cavallo di un fuoristrada. Lei che in questa ricerca mi seguiva sempre a mala voglia, due passi dietro a me. “E’ timida ed imbranata. Alla sua età!” pensavo sbuffando. Nel frattempo mi copriva di attenzioni e regali, mi faceva da autista, mi ascoltava, assecondava le mie mattezze. Era la migliore amica che si potesse desiderare. Un pomeriggio d’estate mi invitò a casa sua. “Ho fatto un nuovo esperimento con lo yogurt”. I suoi esperimenti erano una goduria. Accorsi. Mentre gustavo quella delizia al biscotto e caramello la osservavo. Mannaggia! Era una bella ragazza e non si valorizzava. I capelli le erano cresciuti un po’ e li aveva all’indietro, ancora bagnati dalla doccia appena fatta. Gli occhi di bosco, grandi, ombreggiati da ciglia lunghe, ma perennemente nascosti dalla visiera di un cappellaccio. Un bel seno sodo e nudo sotto quella canotta così sottile. E dire che nascondeva tutto quel ben di dio sotto vestiti da ragazzino di strada. “Cominciamo dagli occhi!” dissi alzandomi di scatto e tirando fuori dalla borsa il mio mascara. “ Solo per giocare un po’, perché io con quella roba non ci esco!” mi rispose mettendosi in piedi di fronte a me. Truccandola pensavo a quanto fossero diventati vivi quegli occhi ultimamente e sorridevo cercando parole per sfotterla un po’. Con un unico gesto improvviso scostò la mia mano dai suoi occhi, mi cinse il collo e mi tirò a sé. Mi stava baciando. I miei occhi spalancati sui suoi chiusi, la sua bocca fresca, dolce, morbida sulla mia di marmo. “Ma sei fuori?!” Urlai divincolandomi e andando via. I suoi occhi erano vivi perché colmi di me. Era innamorata di me e nemmeno me ne ero accorta. Qualche giorno dopo, con parole da cassandra, mi consegnò quel piccolo sole. Adesso io mi sono innamorata di te. Sono un sole senza nuvole ormai. Vorrei irradiarti con il mio amore, ma rischio anch’io solo di bruciare quello che vorrei invece illuminare.

 

 

 


 

   
   

 

 

 

 


   
 
 
 


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