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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
 

 Attualità - giugno 2008

        

 
Il sergente, la montagna e tutte le altre storie  (di Giancarlo Manfredi)

 

“Chi lo avrebbe mai detto che lo sarei diventato anch'io, un autore? Ma forse, in fondo in fondo, quando scrivevo in segreto il mio diario lo speravo.”
(Il sergente nella neve)

Mario Rigoni Stern oggi è una piccola stella o, per meglio dire, un asteroide, anzi l’asteroide numero 12811 [link ] individuato nell'Osservatorio astrofisico di Asiago dall'astronomo Ulisse Munari e dedicato all’omonimo scrittore da poco scomparso.
Mario Rigoni Stern era uno scrittore, nato ad Asiago nel ’21, che ha raccontato con le sue parole l’amore per il territorio che viveva, il fascino e la bellezza dei suoi paesaggi montani e la vita delle genti che vi abitavano.
La sua opera prima, la più famosa, è tratta dal diario di guerra e di prigionia, “Il sergente nella neve”, un testo divenuto libro nel 1953 per il diretto interessamento di Elio Vittorini e ripreso in tempi recenti dall’attore Marco Paolini per uno dei sui recital.
Non uno scrittore di guerra però, ma un narratore che parlava della guerra, in maniera spassionata e umana, e che non nascondeva la nostalgia per la terra natale, per le montagne e i boschi, e ancora  fiabe narrate da animali, e storie di contadini, contrabbandieri, partigiani…

“  ...il momento culminante della mia vita non è quando ho vinto premi letterari, o ho scritto libri, ma quando la notte dal 15 al 16 sono partito da qui sul Don con 70 alpini e ho camminato verso occidente per arrivare a casa, e sono riuscito a sganciarmi dal mio caposaldo senza perdere un uomo, e riuscire a partire dalla prima linea organizzando lo sganciamento, quello è stato il capolavoro della mia vita....”

La ritirata di Russia [link ], evento tragico della Seconda Guerra Mondiale, è quindi narrata in prima persona dal sergente maggiore Mario Rigoni Stern. Implacabile il suo giudizio sulle cause, i modi e gli effetti della belligeranza umana; un’onesta e lucida la testimonianza di questa sorta di Anabasi [link ] (se non addirittura Odissea) moderna.
La letteratura di guerra è particolare, talvolta serve alla propaganda nazionale, talvolta è la riscrittura degli eventi ad uso e consumo di chi ha vinto la battaglia o, perlomeno, le è sopravvissuto e non può certo venirne contraddetto da coloro che vi sono caduti.
Talvolta però riporta la voce di chi, se pur sconfitto, è riuscito a tornare a casa, magari non da eroe, talvolta con addosso una sorta di marchio di infamia.
Diceva il sergente Mario Rigoni Stern: "I ricordi sono come il vino che decanta dentro la bottiglia: rimangono limpidi e il torbido resta sul fondo. Non bisogna agitarla, la bottiglia."

“Il sole stava sorgendo; era il momento più freddo della giornata. Poco prima uno sciatore solitario era passato lungo la stradetta, Poi era salito sul prato. Ma dove andava? Certamente era uno che non amava le piste affollate e gli impianti di risalita. Un solitario che andava per il suo inverno, con i suoi ricordi, i suoi pensieri.”
(Stagioni)

Mario Rigoni Stern è uno scrittore che, attraverso i suoi personaggi, rimane tuttavia un uomo legato alla sua terra, alle stagioni, alla natura.
Ecco allora libri come “La storia di Tönle” , dove il protagonista è un contadino e pastore, e poi le struggenti poesie nella raccolta “Stagioni” e ancora “Il bosco degli urogalli” e  “Uomini, boschi e api” dove l’autore dichiara che il rispetto (se non l’amore) per la natura è tra i valori più importanti di una vita degna di essere vissuta.
Non so dire se questa idea sia ormai solo un’utopia, oppure il mito di un Eden dei tempi passati, se sia vera saggezza o solo la malinconia tipica degli anziani.
Ma la mia sensazione è che qualcosa, nella nostra frenesia contemporanea, l’abbiamo veramente perduto.
Diceva Mario Rigoni Stern in una sua intervista : “La nostra maniera di vivere è sbagliata. Tutto è così rapido e veloce, non c’è più tempo per meditare”
Appunto, la lettura come forma di meditazione.
E, almeno una volta al mese, una passeggiata in un bosco.  Dove, fate voi.

“Camminando immersi in quel bianco di luce propria …. pure il tempo diventa irreale e vivi in un mondo metafisico
come dentro un sogno.” (Stagioni)

Qualche mese fa, quasi per caso, mi sono comprato la nuova edizione di una piccola antologia di Mario Rigoni Stern.
Volevo rileggermi “da grande”, quella che era stata una lettura “da liceo”.
In effetti temevo una delusione, che però non è venuta, anzi.
Anzi ho riscoperto un autore e ho rivissuto, attraverso la sua narrazione, un’epopea tragica di eventi che ormai appartengono alla storia dei nostri nonni, ma che sarebbe alquanto stupido dimenticare.
Pensateci: viviamo in città di cemento, traffico, vetrine, luci al neon e, in definitiva, fatte della nostra stessa  frenesia.
Mandiamo in giro per il mondo eserciti di pacificatori per risolvere i conflitti con il conflitto.
Siamo arrivati ad avvelenare la nostra stessa terra, l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo e, in definitiva, i rapporti con le persone che ci circondano.
Per tutto questo ho voluto parlarvi del Sergente, delle sue montagne e di tutte le storie che ci ha raccontato.
Adesso vi saluto, devo preparare ancora lo zaino con l’attrezzatura: domani si parte per arrampicare  

[ link] , ma di portare con me un buon libro, questo, non lo dimentico mai.

Bibliografia di Mario Rigoni Stern

  • Il sergente nella neve. Ricordi della ritirata di Russia, Einaudi, 1953
  • Il bosco degli urogalli, Einaudi, 1962
  • La guerra della naia alpina, 1967
  • Quota Albania, Einaudi, 1971
  • Ritorno sul Don, Einaudi, 1973
  • Storia di Tönle, Einaudi, 1978 (Premio Campiello)
  • Uomini, boschi e api, Einaudi, 1980
  • L’anno della vittoria, Einaudi, 1985
  • Amore di confine, Einaudi, 1986
  • Il libro degli animali, Einaudi, 1990
  • Arboreto salvatico, Einaudi, 1991
  • Compagno orsetto, E.Elle, 1992
  • Aspettando l’alba, Il Melangolo, 1994
  • Le stagioni di Giacomo, Einaudi, 1995
  • Sentieri sotto la neve, Einaudi, 1998
  • Il magico "Kolobok" e altri scritti, La Stampa, 1999
  • Inverni lontani, Einaudi, 1999
  • Tra due guerre e altre storie, Einaudi, 2000
  • 1915-1918 La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di Soldati al fronte, Neri Pozza, 2000
  • Il libro degli animali, Einaudi, 2001
  • L'ultima partita a carte, Einaudi, 2002
  • Storie dall'Altipiano, la raccolta delle opere a cura di Eraldo Affinati, Meridiani Mondadori, 2003
  • Aspettando l'alba e altri racconti (2004)
  • I racconti di guerra (2006)
  • Stagioni (2006)

         

 

Né di Eva né di Adamo - Amélie Nothomb  (di Nicoletta Bartolini )

 

Ci si innamora di persone che non si sopportano, di persone che rappresentano un pericolo insostenibile...”.  Invece Amélie, tornata dal Belgio nel suo amato Giappone per impartire lezioni di francese e studiare a propria volta il giapponese, incontra Rinri: un ragazzo buono e paziente, accogliente, capace di grande tenerezza, fine e intelligente (e persino ricco!). Le lezioni diventano occasione per confrontarsi e conoscersi e Amélie si abbandona a questo rapporto, dolce e divertente, che le permette di entrare nel cuore dell’amato Paese, nelle sue contraddizioni e nei suoi incanti, sviluppandosi in un’atmosfera sospesa tra raffinate delizie culinarie e incantevoli escursioni.
Ma è amore? “Quello che provavo per lui non aveva un nome in francese moderno, ma in giapponese sì, perché il termine koi gli si addiceva. Koi in francese classico si può tradurre con “diletto”. Mi procurava diletto. Lui era il mio koibito, colui con il quale condividevo il koi: provavo diletto in sua compagnia... Il koi era elegante, ludico, divertente, civile.” Niente a che vedere con l’ai, ma – come ci racconta Amélie – in Giappone “un pudore viscerale bandisce la parola amore. Salvo incidenti o picchi d’amore passionale, questa parola enorme non viene mai utilizzata, è riservata alla letteratura”. Rinri, però, le chiede di sposarlo. Lei opta per una “risposta liquida, nel senso che non risolveva niente e rimandava il problema a più tardi. Ma guadagnare tempo è la grande impresa della vita”.
Amélie ama correre in montagna, scalare le vette, respirare gli spazi aperti, sentire l’energia delle proprie gambe che corrono e corrono, fino ai limiti, fino a porla in salvo. Ama avventurarsi ed esplorare, da sola, e lasciarsi trascinare dalla propria vocazione artistica: non vuole rimanere intrappolata tra i tentacoli di un polpo che rischiano di imbrigliarle la lingua (sia in senso letterale – leggere per credere - che metaforico).
Un inno alla libertà quindi, a tutti i costi. “Può capitare che la fuga sia un gesto d’amore. Per amare ho bisogno della mia libertà. Parto per preservare la bellezza di quello che provo per te. Non cambiare”. Può sembrare egoista, un po’ vile, un po’ “troppo comodo”? Amélie dice che l’unico disonore è non essere liberi.
Un libro che scorre velocemente, con garbo e ironia, senza lasciare un solco indimenticabile, ma regalando centocinquanta pagine di gustoso divertissement e aprendo una interessante finestra sul moderno mondo giapponese, dove convivono serenamente sushi e coca cola. Invitandoci a guardare la vita dall’alto del monte Fuji.

 



   
 
 

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