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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
 

Bocconcini di scrittura - 3

Scrittura creativa.
(brevi spunti ed appunti su quel che si dovrebbe sapere per scrivere e farsi leggere)

Il bocconcino del meseIl punto di vista del narratore

 Il punto di vista è la prospettiva della visione che adotta il narratore
per raccontare la storia. Per questo si parla anche di focalizzazione: il
punto ottico del narratore si converte in un fuoco che mette in luce i
personaggi e le loro azioni.

Tentiamo ora di riassumere i tipi di narratori più importanti.

La prima persona o il narratore protagonista. Questi ci racconta con le sue
parole quello che sente, pensa, fa ed osserva. Le azioni del protagonista e
quelle dei personaggi esistono attraverso lui, che esplicita anche i suoi pensieri e sentimenti, allora la narrazione risulterà più interiore e soggettiva. Possiamo definire questo modus come “di pancia”.

Alcune volte il lettore non capirà quello che accade, nonostante i pensieri che legge, invece altre volte capisce ma solo tramite la mente del protagonista. Si può arrivare ad un monologo interiore, anche disordinato, pieno di sogni ed illusioni. La massima espressione di questa narrazione è presente in “alla ricerca del tempo perduto” di Proust, una narrazione di “testa e cuore”.

Il narratore, però, può anche essere un personaggio secondario, un parente, un vecchio amico o un semplice passante. Prendiamo ad esempio il dottor Watson che racconta le gesta di Sherlock Holmes, il vero protagonista delle storie. Quando il narratore si limita a raccontare quello che vede, la narrazione sarà esterna ed obbiettiva.
Una via di mezzo è la forma descrittiva dei detective del noir americano, come Marlowe, che svela la trama ed avanza nella storia in cui il lettore affianca il protagonista, osservando e scoprendo insieme a lui, ma non nella sua testa.. E la tensione narrativa avanza. Questo modus potremmo definirlo “degli occhi” come un cameraman che riprende con telecamera a mano solo quello che può vedere.

La terza persona, ovvero il narratore onnisciente, è il Dio della storia. Sa tutto, dal principio alla fine del racconto, anche quello che i personaggi sentono, pensano e fanno, quello che vorrebbero fare e che non fanno, colui che entra nelle menti svelando tutto ciò che vi è nascosto. L’onnisciente può andare ovunque nel tempo e nello spazio, istantaneamente, o restare in due luoghi contemporaneamente, raccontare cose che non hanno vissuto i protagonisti, o nascondere altro che invece hanno visto. Seleziona secondo il suo intento come raccontare la storia. Questa è una delle tecniche più classiche in cui l’autore ha in pugno la “regia”, guida e coordina gli attori e gli eventi.

Oppure ancora, il narratore è quasi onnisciente, possiamo paragonarlo ad una cinepresa che segue i personaggi in tutti i posti dove vanno, ne osserva le reazioni e le emozioni, ma senza entrare nelle loro menti. La storia potrebbe anche svilupparsi in un altro posto, mentre noi stiamo leggendo una scena in cui siamo un narratore testimone, ma nel caso dell’onniscienza, seppure relativa, dobbiamo venirne a conoscenza. Alcuni pensano che questa sia la cosiddetta “giusta distanza”, una sorta di occhio privato, oggettivo e impietoso, capace di restituire senza modificare.

 

 

 

 

 


   
 
 

 

 

 

 


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