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A volte, quando si è un grande scrittore, le parole vengono così in fretta che non si fa in tempo a scriverle... A volte. (Snoopy)
 

Bocconcini di scrittura - 2

Scrittura creativa.
(brevi spunti ed appunti su quel che si dovrebbe sapere per scrivere e farsi leggere)

Il bocconcino del meseL’incipit e conflitto

 

Probabilmente sarà già capitato: una buona idea, personaggi interessanti, un intreccio niente male... Ma il racconto non ingrana, il ritmo è lento, dopo le prime righe il lettore già rischia di annoiarsi perché non riesce ad inquadrare la situazione, a capire quale sia il “conflitto” che dovrà risolversi, o addirittura se il conflitto ci sarà.

- Il conflitto? Nell’incipit?
Bisogna tenere conto che – se miriamo alla pubblicazione per far leggere la nostra reazione a più persone possibili - il primo scoglio che il nostro manoscritto dovrà superare, una volta completato e inviato in lettura a una casa editrice, è il tavolo dell’editor. Gli editor leggono soltanto le prime pagine di un lavoro, forse le prime dieci–venti. Raramente di più, e solo se intravedono già dall'inizio che potrebbe essere qualcosa di eccitante subito dopo. Ma perché rischiare? E, ancora prima e ancora di più dei lettori, se non vengono attratti da qualcosa di interessante, qualcosa che li spinga a leggere ancora, a voltare pagina, ad andare oltre... beh, il cestino è al loro fianco ed è di proporzioni gigantesche! E possiamo pur essere sicuri che il cattivissimo editor non si farà influenzare da fattori esterni a quello che avrete scritto. Inflessibilità ci vuole per questo lavoro.

- Quindi il conflitto?...
Non è detto che debba essere palesato nelle prime righe, non occorre far scoppiare subito un incendio o accoltellare qualcuno, ma lasciar intendere al lettore che c’è qualcosa  che non va come previsto... Anche se alcune scuole di sceneggiatura insegnano che non c'è niente di meglio che far esplodere una bomba nei primissimi fotogrammi del film. Ma non stiamo parlando di film. Ed in più, senza l'ausilio degli effetti speciali, potrebbe essere non troppo facile ricreare la suggestione di una scena che risucchi completamente l'atenzione del lettore.

- Tipo “era una notte buia e tempestosa, quando all’improvviso...”
Ecco, questa è un po’ sfruttata come soluzione. Basterebbe dire: “quella notte, all’improvviso, il tempo cambiò”, oppure "non c'era la Luna, e quelle maledette gocce di pioggia mi bagnavano la vuota fondina della pistola".  In questo modo, per esempio, già ci aspettiamo che qualcosa di strano, o di violento, debba accadere. Se invece ci dilungassimo in una sterile descrizione delle condizioni atmosferiche per cinque o sei pagine senza che nulla intervenga ad attirare l’attenzione... bisogna promettere qualcosa al lettore. E poi mantenere la promessa. Si, lo sappiamo, "i promessi sposi" inizia con spiegazioni geografiche, con tutti quei seni e quei golfi che non fanno intendere storie a sfondo sessuale. Si trattava di altri tempi e di altre lunghezze. Qui stiamo parlando di racconti brevi leggibili da lettori di oggi, abituati a stringatezza, ad un linguaggio scarno, attuale, televisivo o al massimo cinematografico.

- Una promessa?
E’ il cosiddetto patto con il lettore. Il lettore, per suo conto, decide di applicare la sospensione dell’incredulità e dice allo scrittore: d’accordo, sono qui, raccontami la tua storia e io ti crederò. Consideriamo anche che non sappiamo quanto tempo abbia a disposizione il lettore, se due fermate di metropolitana, o la pausa pranzo o lunghe giornata sulla sdraio sotto l'ombrellone.
E nella storia ci sono due tipi di promessa: una emotiva, attraverso la quale il lettore potrà divertirsi, incuriosirsi, piangere, arrabbiarsi... restare comunque coinvolto. E una promessa intellettuale, attraverso la quale potrà vedere il mondo attraverso altri occhi, confermando o meno la propria visione delle cose.
Un buon finale deve mantenere la promessa contenuta nell’incipit della storia, senza tradire le aspettative del lettore. Ad esempio per Gadda, non può sussistere patto con il lettore che non passi per forme complesse: il rischio è quello di ridurre la narrazione a «residuo fecale». (Un’opinione sul neorealismo © Il dirmi che una scarica di mitra è realtà mi va bene, certo; ma io chiedo al romanzo che dietro questi due ettogrammi di piombo ci sia una tensione tragica, una consecuzione operante, un mistero, forse le ragioni o le irragioni del fatto… Il fatto in sé, l’oggetto in sé, non è che il morto corpo della realtà, il residuo fecale della storia… ) (1)
Quindi ecco l’importanza di attuare un’opportuna strategia di scrittura, che ci consenta di sviluppare una storia bilanciata, armonica, efficace. Ricordando la struttura classica del racconto, quella secondo la quale tutte le storie si sviluppano in tre atti....

Ma ne parleremo prossimamente...

(1) published by The Edinburgh Journal of Gadda Studies (EJGS)  -  ISSN 1476-9859

 

 

 

 


   
 
 

 

 

 

 


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